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venerdì 20 ottobre 2023

LA FASE ACQUA


La quaranta chilometri fu l’ultimo test della lunga e faticosa fase terra, del corso Incursori 1980. In questo periodo di grande selezione naturale ed allontanamento degli allievi non ritenuti idonei, avevamo acquisito i fondamentali utili a muoversi su vari tipi di terreno e ad ambientarci con circospezione a quello che ci stava attorno, imparando a menadito l’utilizzo delle mappe topografiche utilizzando al meglio i vari strumenti di calcolo, per riuscire a muoversi in contesti variegati, mai conosciuti prima. Cominciavamo a destreggiarci con le più conosciute armi portatili, maneggiandole con rispetto e senza pericolo altrui. Eravamo in possesso dei principali rudimenti di tecniche di difesa individuale, che utilizzavamo con scaltrezza.  Avevamo imparato a manipolare piccole cariche esplosive e quello che serviva ad innescarle. Conoscevamo alla perfezione l’acronimo “FLOC”, (Forma, Lucentezza, Ombra, Colore), a cui bisognava scrupolosamente attenersi per mimetizzarsi a dovere nei vari ambienti in cui si andava ad operare. Ma forse parlare di ambienti al plurale è sbagliato, perché mancava, alle nostre conoscenze, ancora un ambiente, ai più sconosciuto e poco adatto agli umani, ma allo stesso modo essenziale per un incursore della Marina Militare. Iniziò la seconda fase del corso, appunto la fase acqua, quella che a quasi tutti incuteva più timore. Avevamo sentito spesso i nostri istruttori pronunciare la frase: “Tanto durante la fase acqua il corso si dimezzerà, perdendo tanti aspiranti al basco verde”. Al termine di questa affermazione, immediatamente, gli sguardi dei miei fratelli di corso si incrociavano fra di loro, per intuire chi avrebbe abbandonato per primo. Dal mio canto, sentivo gli adocchiamenti di tutti rivolti verso la mia persona. Forse perché non avevo mai tenuto nascosto il mio timore per il mare, derivante dal mio non saper nuotare. Il pensiero che fossi io tra i primi a chiedere di essere esonerato dal corso era quasi una certezza, ma non volevo rassegnarmi e quindi continuare a vivere quella meravigliosa avventura giorno per giorno, prova dopo prova.
Ci ritrovammo così, in fila nei pressi della cala subacquea, dove un anziano capo palombaro con il viso cotto dal sole, ci distribuì, in modo abulico e con poca cura, il materiale personale necessario per poter iniziare l’attività in acqua. Forse era ben conscio che la maggior parte di quel materiale gli sarebbe ritornato presto indietro, riportato dai rassegnati allievi rinunciatari.
Tenuta di sottomuta in tessuto di lana (altamente infeltrita), completo di calzerotti (che stavamo in piedi da soli). Non chiese le taglie personali, il vestiario era dispensato ad occhio dallo stesso capo carico, a suo insindacabile giudizio, dopo aver dato uno sguardo fulminio all’interessato di turno, anche perché sull’abbigliamento, seppur lavato e pulito, non esistevano etichette e segni che potessero ricondurre alle taglie. Ci piaceva pensare che quei vestiti potessero essere appartenuti ai vecchi Eroi del Serchio, quindi si sorvolava candidamente sull’aspetto poco attraente e sulle notevoli sdruciture e molteplici rappezzi apportati negli anni, sicuri che avremmo dovuto presto impegnarci ancora con qualche cucitura. La mitica muta gamma, anche quella rigorosamente con i segni del tempo e con vistose ferite riportate, curate professionalmente con riparazioni tipo camera d’aria di bicicletta. Il canguro, importante cerchio in gomma con anima in ferro che si aggiuntava in vita e su cui si ripiegavano a doppia mandata, le due parti elastiche delle mezze mute, sigillando il tutto con un robusto elastico, allo scopo di renderle stagne in acqua. Questo era il corredo completo. Mancava l’attrezzatura per poter immergersi e nuotare al di sotto della superficie del mare, quindi completavano l’equipaggiamento il mascherino tipo pinocchio, il mefisto in neoprene e le pinne modello rondine e soprattutto, sua maestà l’ARO,  l’autorespiratore ad ossigeno a ciclo chiuso
Ci assegnarono un armadietto personale, che doveva contenere tutta questa mercanzia. Un istruttore ci spiegò con dovizia di particolari come indossare ed utilizzare il vestiario e le attrezzature subacquee. Subito dopo provammo ad indossare la sottomuta e la muta di lana. Fu un’impresa per quasi tutti noi. Le taglie non corrispondevano affatto, per nessuno di noi. Le risate, dovute alla goffaggine di quella prima vestizione facevano non poco adirare gli istruttori presenti. Cominciò fin da subito, per quello che si riusciva, lo scambio tra di noi del vestiario, per cercare di vestirci tutti in maniera adeguata e che sembrasse almeno comodo. Alcuni collarini di gomma elastica, della mezzamuta di sopra, si sgualcirono inesorabilmente, ahimè, tra cui il mio. A qualcuno saltò il polsino in gomma, altri addirittura riuscirono a strappare le giunture in vita, di entrambe le mezzemute. Gli epiteti rivolti a noi dagli istruttori presenti si sprecarono, ne sentimmo un campionario degno di quei film di guerra americani, dove i sergenti veterani fanno la parte dei cattivi.
Molti di noi, testa bassa, fummo costretti a riandare in cala subacquea a cercare di far riparare o addirittura sostituire ii vestiario reso inutilizzabile. Le prese per i fondelli, accompagnate da sonore bestemmie recitate ad arte ed a modo di rosario, dal capo del vestiario, si sprecavano.
Alla fine, riuscimmo quasi tutti ad essere pronti per affrontare le prime prove di ammissione alla fase acqua. Ci ritrovammo, per affrontare la prima e temuta prova di acquaticità, vestiti di tutto punto, militarmente e silenziosamente in fila presso la scaletta della torretta, situata nel terminale di un piccolo molo assegnato al gruppo scuole, da cui ci si doveva tuffare e quindi raggiungere nave Altair, ormeggiata per fini di addestramento, al centro del Seno del Varignano. 
Da li a poco, alcuni segni di nuova vita germogliò sulla pelle degli allievi che continuarono imperterriti la fase acqua. Sembravano piccole lamine lucenti. Qualcuno asseriva che assomigliassero biologicamente a squame.
Varignano, giugno 1980
Nello Ricciardi

    


 

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Bellissimo racconto

Anonimo ha detto...

Unici! Frà al di sopra di tutti 👍👏

Anonimo ha detto...

Angelo Piacente non anonimo

Aniello Ricciardi ha detto...

Grazie Angelo!

Anonimo ha detto...

Scritto molto bene Nello. Fai rivivere quei momenti..
Aldo Lipari