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giovedì 8 agosto 2019

SAN VITO, ANNI SETTANTA



Cieli e terra nuova, il Signor darà, dove la giustizia sempre abiterà…….non ricordo il seguito, perché ci fermavamo sempre a questa strofa del canto finale, urlata  a squarciagola, al termine della funzione religiosa della domenica. Poi non troppo senza dare nell’occhio e tra chiacchiericcio e risatine, tutti i ragazzini impegnati nel torneo di calcio, scappavano alla chetichella fuori dalla chiesa, per andare a disputare la prima delle due partite in programma. Rimanevano in chiesa quelli che disputavano l’incontro successivo, per l’occasione alcuni di loro vestiti da chierichetti a servire messa. Arrivavano sempre puntuali i rimproveri di Padre Mario che minacciava, con il sorriso sulle labbra, di sospendere i tornei se avessimo lasciato anzitempo la messa. Per la verità i più piccoli eravamo sempre di comandata in prima fila, per apparire, mentre quelli un tantino più grandi, tra cui mio fratello Giacomo (capobanda), insieme ad altri suoi seguaci, si attardavano nei pressi dell’ingresso della chiesa e spesso venivano richiamati durante la funzione religiosa per le loro innumerevoli risate senza motivi apparenti. Il sacchetto di plastica (la borsa era merce rara per quei tempi) con i “panni del pallone” ci attendeva già nello spogliatoio nei pressi del campetto in terra battuta sottostante il campo di basket. Il filare di alberi di noci faceva da intercalare alla sinuosa linea laterale del campo da gioco, l’altra opposta era a pochissimi centimetri dalla rete che divideva il campo dei frati, coltivato ad arance e  gestito da zi’Carlone, un contadino della vicina masseria Quadretta. Quell’anno avevamo formato delle squadre con i nomi dei teams europei più in voga del momento, puntualmente riprese dall’album dei calciatori Panini. Chi a quei tempi non ne possedeva uno, era la nostra Bibbia. Le figurine non si compravano, si conquistavano disputando partite interminabili  di “pacchero” o “striscia muro”, o scambiando i doppioni dopo lunghe ed impegnate trattative di calcio mercato. La mia squadra, di cui  ero il portiere, di giallo vestita era il Manchester, poi ricordo il Celtic, il Real, il Liverpool, il Benfica e l’Ajax. L’arbitro di tutti gli incontri, nonché giudice unico, insindacabile ed insostituibile organizzatore era sempre lui, Carmine Piccolo (‘o Tuocc), ma a dare il via e la benedizione ad ogni incontro era Padre Tarcisio, che non disdegnava di dare qualche calcio al pallone durante il riscaldamento iniziale, alzandosi, con una mano, l’onnipresente e lungo saio francescano. I componenti della mia squadra, si ritrovavano durante la settimana, per preparare la pretattica, presso casa mia, nel cortile detto Shanghai. Ma alla fine,  invece di fare pretattica si andava a finire sempre a spaghettata aglio, olio e peperoncino ipercondita  da tante risate. Il leader indiscusso di quella squadra, che vinse per due anni consecutivi il torneo, era mio fratello Giacomo, che alla fine risultava sempre anche capo cannoniere del torneo. Gli altri componenti erano Mimì o pittore (Mimmo Serpico), Nino Mautone, Giovanni Terracciano, Antonio Guerriero, Pacchiano Cuono (Cuniello), Giuseppe Cossentino e Franco Tirozzi. Gli allenamenti al campo si tenevano durante la settimana. Consistevano in giri di campo (che non faceva mai nessuno), esercizi ginnici, fatti solo da qualcuno tra le tante immancabili risate. L'allenamento  principe però, risultava essere sempre condizionato dalle partitelle. Interminabili, che finivano con risultati dal sapore rugbistico. Per la verità, le partitelle spesso terminavano insieme ai palloni disponibili. Puntualmente i palloni, come calamitati ed attratti da una forza della natura sovrumana, andavano a finire sempre al di la della rete di recinzione, dove spuntava quasi dal nulla zi’Carlone. Insieme alle varie imprecazioni e minacce, talvolta anche qualche rincorsa dietro il malcapitato di turno che, con temeraria caparbietà, si lanciava sotto agli immancabili buchi alla base della  rete, per arrivare al pallone prima che arrivasse lui. La maggior parte dei palloni venivano però catturati sempre da lui. Chissà quanti ne avrà avuti a casa.Tante attività si facevano presso il convento di San Vito, i frati hanno  visto crescere ed aiutato a formarsi tanti giovani, quel luogo ha aggregato e formato coscienze. Mi mancano tanto quei momenti di crescita dell’infanzia felice e mi ritengo fortunato di essere cresciuto lì, a San Vito, sotto lo sguardo attento dei Frati Francescani.



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