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Il piccolo Nello tra i genitori |
Mia mamma, sempre più spesso, fortunatamente, cominciò a trovare qualche lavoro, quando a servizio di qualche famiglia benestante, talora impegnata nei campi per la raccolta degli ortaggi. Il papà, invece, quando non dormiva, succedeva di sovente, stava insieme a noi.
Grazie al vicino bottegaio, anche lui ipovedente, anzi cieco del tutto ed iscritto al relativo sindacato, papà riuscì a farsi assegnare una piccola rivalutazione sulla pensione di invalidità civile per ciechi. Questa nuova entrata sicura e definitiva cambiò il corso delle cose.
Finalmente la nostra vita iniziò a migliorare un pochino. Non è che poi i bambini se ne accorgessero tanto, ma per lo meno il morale in casa era migliore, le liti tra gli adulti si attenuavano e la vita ci vedeva crescere con più lunghi momenti di relativa tranquillità.
Talvolta ci veniva a trovare, da Mugnano del Cardinale, il nonno Giacomo, papà della mamma. Il nonno aveva un carattere poco socievole ed autoritario. Voleva sempre aver ragione lui e soprattutto con mio padre, non andava per niente d’accordo. Accusava mio padre di non aver voglia di fare nulla, di dormire tutto il giorno e di trascurare i figli.
Prima di andar via, aspettava apposta che rientrasse la mamma, raccontandole tutte le sue preoccupazioni ed esortandola ad andare a vivere vicino a lui, a suo dire l’unica persona che avrebbe potuto occuparsi attivamente dei tre nipoti.
Queste sempre più continue attenzioni, non richieste, del nonno verso di noi unitamente al fatto che mio padre si fece prendere da una sorta di pesante gelosia verso mia madre, a suo dire, passava troppo tempo fuori dalla famiglia, naturalmente per lavoro, iniziarono di nuovo le pesanti liti tra di loro. Mio padre, purtroppo, iniziò ad usare troppo spesso le mani per far valere le sue ragioni nei confronti della mamma, che si vedeva costretta a chiamare in soccorso la vicina sorella maggiore, anche per assistere noi tre piccoli ed indifesi.
La difficile situazione non trovava sbocchi, gli animi non si calmavano e fu così che mio padre ormai invaso dalla sua gelosia, esortato e supportato dal nonno Giacomo, decise di andare via da Lausdomini e da quella casa per trasferirsi vicino a lui, a Mugnano del Cardinale, sicuro che la mamma avesse accettato proprio perché sarebbe andata vicino a suo padre.
Giacomo aveva cinque anni, Anna quattro e Nello due.
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Mugnano del Cardinale |
Il nonno abitava qualche centinaio di metri più avanti, in un vicoletto interno.
La mamma trovò subito lavoro, seppur sempre precario, in zona.
Mio padre si riprese abbastanza della sua gelosia e continuò a fare quello che aveva sempre fatto, cioè niente.
La nostra cucina aveva una grata di ferro a protezione della finestra che dava sulla strada, mio padre approfittava di quegli ancoraggi solidi, per legare una funicella al girello dove mi faceva passare le ore della giornata, piazzandomi sul marciapiede, a debita distanza dalla strada statale. Anna e Giacomo, ormai grandicelli, erano in grado di stare attenti alla loro incolumità. Questa era una delle cause che faceva adirare oltremodo mio nonno, che trovava sempre una ragione per attaccare lite con mio padre.
Il fatto che il nonno stava troppo vicino a noi, alla fine non si rilevò per niente un valore aggiunto. Le loro liti erano continue e spesso al limite della violenza. Noi bambini ci spaventavamo molto per questi loro battibecchi senza alcun rispetto dell’uno e dell’altro. Le discussioni ovviamente venivano riportate a mia mamma che chiaramente prendeva sempre ed a prescindere le difese di suo padre.
L’inferno era di nuovo a casa nostra.
Spesso mio fratello Giacomo andava da solo a casa del nonno, richiamato più dalle sue caramelle che dall’attaccamento al nonno. Un giorno Giacomo tornò a casa rosso in viso e con qualche livido evidente, piangendo notevolmente. Raccontò che il nonno lo aveva picchiato, accusandolo ingiustamente di aver rubato le sue caramelle. Mio padre lo prese per un braccio e lo portò da lui per chiedere informazioni sull’accaduto. Mio nonno, quando arrivò mio padre, lo accolse con il fucile da caccia imbracciato, pronto a difendersi.
Fortunatamente si trovò a passare nei pressi un cugino di mio nonno.
Il cugino era ritenuto da tutti una persona da rispettare ma non per comportamenti esemplari, bensì per i suoi modi di essere sbruffone e prepotente, insomma un guappo.
Si interpose tra di loro, chiedendo spiegazioni e quando capì che il nonno aveva esagerato con il nipote, gli tolse il fucile dalle mani e gli accomodò due sonori schiaffi sul viso, esortandolo a vergognarsi per quanto fatto ed a rientrare subito in casa. Mio nonno, in preda alla vergogna, mestamente incassò la figuraccia e fece rientro in casa.
La sera arrivò mia mamma e quando gli venne raccontato l’accaduto, non poté fare a meno di mettersi contro suo padre. Questa volta non si trattava di difendere l’onore di mio padre, ma quello del suo primogenito Giacomo.
Si incamminò infuriata dal nonno, arrivato da lui non volle sentire le sue ragioni, gliene urlò di cotte e di crude, come solo lei sapeva dirle quando era veramente arrabbiata. Concluse la sua filippica con l’avvertimento che presto avrebbe lasciato quella casa, insieme alla sua famiglia, per andare lontano da lui.
Tornò a casa e mise al corrente mio padre di quella sua decisione definitiva ed insindacabile. A mio padre non parve vero di andare via, lontano dalla persona che più odiava in quel momento.
Il mattino dopo, prendemmo il treno delle SFSM, da Baiano per Marigliano, andammo a casa di zia Violanda, la sorella maggiore della mamma.
Raccontarono tutto con dovizia di particolari, agli zii.
Alla fine pregarono a zio Felice di farsi carico, nel più breve tempo possibile, di aiutarli a trovare una casa a Marigliano.
Lo zio non fece passare molto tempo, nella stessa settimana trovò la casa, nel quartier San Vito di Marigliano.
Andarono subito a vederla, ma era una pura formalità, l’avrebbero accettata in qualsiasi condizione fosse stata.
Il mattino di martedì, due luglio 1963, il festoso concerto delle campane del Santuario richiamava il popolo di Mugnano del Cardinale alla preghiera ed alla partecipazione in chiesa per la messa in onore della sua Patrona, Maria SS. delle Grazie.
Da Via Roma, quasi all’altezza della strada che portava al Santuario, la famiglia Ricciardi, dopo aver caricato mobili e mercanzie sul camioncino OM Leoncino azzurro, con sovra sponde in legno, lasciava dopo circa un anno e per sempre anche quella mesta residenza, per trasferirsi di nuovo nel comune di Marigliano.
Luglio 1963
Nello Ricciardi
P.S. Se vuoi leggere il precedente:
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