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martedì 14 giugno 2016

L'ADDIO ALLE SCUOLE C.E.M.M.

Il corso Segnalatori durò dieci lunghi  mesi. Gli esami finali furono abbastanza impegnativi e ci misero tutti a dura prova. Le scuole C.E.M.M. ci stavano ormai troppo strette, avevamo voglia di  evadere, uscire dall'istituto di formazione per affrontare a pieno viso quella vita che avevamo scelto. Volevamo sentirci "gente di mare", imbarcarci finalmente  sulle gloriosi navi della Marina Militare per solcare i mari e girare il mondo. Questa era la promessa che i grandi manifesti pubblicitari divulgavano in tutti i luoghi più affollati.
Tutti noi avevamo creduto in quel messaggio e morivamo dalla voglia di concretizzare i nostri sogni.
Rimanemmo in quindici allievi, nel mese di giugno del 1979, e superammo tutti gli esami finali. Finalmente finimmo di essere allievi e diventammo tutti  "specialisti della comunicazione e scoperta, Segnalatori".
Mi classificai primo del mio corso, ciò  mi consentì di poter scegliere  la mia destinazione.
Diedi uno sguardo all'elenco delle navi disponibili ed ai luoghi dove esse facevano base.
Senza dubbio alcuno scelsi una delle navi più belle, grande ed abbastanza moderna, di base a La Spezia.
Il cacciatorpediniere lancia missili Audace.
Una nave imponente con una linea favolosa.
Insieme a me la scelsero altri due compagni di corso. Salvatore Frongia e Maurizio Evola.
L'ultima notte alle scuole, nessuno di noi dormì.  Eravamo tutti euforici e festeggiammo, con il permesso del nostro capo inquadratore, Capo Abbatangelo, quasi tutta la notte. Claudio Colella, per l'occasione tirò fuori la sua chitarra a dodici corde e ci deliziò con dovizia di un vero maestro di musica.
Ci ritrovano tutti la mattina, vestiti con le candide divise bianche estive, orgogliosi ed impettiti,  con tutti i nostri zaini di stoffa nera, pieni di tutte le nostre mercanzie. Durante la notte tutti avevamo costruito trecce di cotone giallo ad indicare la fine del corso ed il nostro diventare marinai veri. I canti goliardici, urlati a squarciagola si sprecavano, così come gli sfottò all'indirizzo del corso successivo, il 78/B, che doveva rimanere a Taranto ancora tre mesi.
Con dei pulmann militari, ci portarono alla stazione di Taranto. Ci consegnarono i biglietti del treno ed una busta gialla contenenti i documenti da presentare ai nostri nuovi comandi. Eravamo poco più  che ragazzini, pochi avevano da appena superato la maggiore età, ma la maggior parte non ci era ancora arrivato.
Fu capo Abbatangelo a richiamare la nostra attenzione e ci consigliò di leggere bene le destinazioni dei biglietti ferroviari.
Augusta. Quasi tutti, seppur diretti su navi diverse, pensavamo di andare a La Spezia. Ma come? I nostri sguardi si incrociavano con fare sbalordito.
Il capo sghignazzando ci disse che quasi tutte le navi erano in impegnate in una grossa esercitazione a sud della Sicilia e che avremmo dovuto aspettare la loro entrata nel porto di Augusta per il nostro imbarco. Nessuno però sapeva quando questo sarebbe avvenuto.
Fummo tutti immediatamente posseduti dalla tristezza collettiva. Faceva molto caldo quella mattina e la camicia bianca dava quasi fastidio addosso. Arrivò finalmente il treno per Messina.
I soliti vagoni di terza classe scomodissimi ci accolsero a bordo. Ci aiutammo tra di noi a passarci i pesantissimi zaini dai finestrini.
Nemmeno il tempo di partire che gia il candore del nostro abbigliamento cominciava a mostrare gli inevitabili segni di sporco che  il contatto con le carrozze lerce ci appiccicava addosso.
Il viaggio fu davvero lungo ed interminabile. La costa calabrese sembrava non finire più. Arrivammo in serata a Villa San Giovanni, dove imbarcammo sul ferry boat per Messina.
A mezzanotte eravamo in terra siciliana. Scoprimmo, nostro malgrado, che il primo treno per Augusta partiva alle sei del mattino.
Eravamo stanchi ed affamati. Le nostre divise erano ormai grigiaste e conservano solo lontanamente i segni del bianco candore.
Ci sistemammo su dei vagoni merci fermi in stazione, per riposarci quella notte, in attesa dell'alba. Gli zaini ci fecero da cuscino.
Finalmente a mezzogiorno circa arrivammo ad Augusta. L'ultima fatica immane fu quella di coprire, a piedi, il tragitto dalla stazione alla caserma del distaccamento marittimo, dove avremmo dovuto aspettare le tanto desiderate navi.
Per tutto il tragitto i nostri sguardi si allungavano sull'orizzonte piatto del mare, per individuare la sagoma di qualche nave militare che poteva sembrare la nostra.
Arrivammo finalmente in caserma. L'aiutante maggiore ci accolse brutalmente redarguendoci in malo modo per le condizioni pietose delle nostre divise.
Non ci diede modo di scusarci.
Non vi farò rapporto,  ci disse, però ve la farò pagare in altro modo.
Ci accompagnò in un camerone, dove ci fece consegnare i nostri effetti letterecci ed un armadietto metallico arrugginito e sbrindellato.
Toglietevi quegli stracci di dosso e vestitevi con la divisa da lavoro di jeans, vi aspetto tra dieci minuti fuori dalla porta d'ingresso", ci urlò minaccioso.
Avevamo tutti molto paura di quello che poteva farci.
Uscimmo fuori, ci mise in riga e ci disse di seguirlo. Ci portò sul retro di alcuni fabbricati, dove sembrava che ci fosse stato un terremoto. Calcinacci sparsi ed erba altissima ed incolta rendevano quel luogo orribile da guardare.
Ci fornì di un buon numero di attrezzi, quali pale, rastrelli, picconi,  falcioni, secchi e carriole.
"Per stasera voglio questo posto sistemato", si raccomandò, "benvenuti in Marina, concluse con un ghigno beffardo.
I nostri sguardi si girarono all'unisono, di nuovo verso il mare infinito cercando le navi.
Augusta, giugno 1979.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ricordo bene la vostra ultima notte alle scuole,o meglio,la ricordiamo tutti noi 78/B.Cosi come ricordo la canzoncina che cantava te:"Chi è che se ne và" e il suo seguito🤣Grazie Nello,mi hai riportato indietro di 45 anni,alle emozioni che tutti noi abbiamo provato e,devo confessare,gli occhi sono lucidi.Grande👏👏👏
Un abbraccio,Franco Manconi.