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martedì 7 marzo 2023

CASCIULELLA (Il bisnonno ed il nonno paterno)

Nel 1839, al Granatello di Portici, venne inaugurata da Ferdinando II di Borbone, re del Regno delle due Sicilie, la prima ferrovia in Europa, Napoli - Portici.  A quei tempi Napoli era la più grande città italiana e la terza in Europa, dopo Parigi e Londra. Dopo qualche decennio la ferrovia fu fatta arrivare fino a Castellammare di Stabia e poi a Nocera, collegando così tutti quei paesi che, stando abbarbicati alle falde del Vesuvio, si affacciavano sul Golfo di Napoli.  Inutile dire che attorno a questa modernità nei trasporti, in quegli anni, si svilupparono nuovi mestieri ed attività.Una delle professioni che si incrementò tantissimo attorno alla ferrovia in quel periodo, fu il trasporto di passeggeri con cavallo e carrozza, che raccoglievano i viandanti nei pressi delle stazioni. Praticamente i taxi dell’ottocento. Aniello Ricciardi, da San Giovanni a Teduccio, uomo coraggioso ed intraprendente, fiutò subito il nuovo affare. Investì i suoi risparmi ottenuti dal duro lavoro manuale e comprò un vecchio cavallo ed una piccola carrozzella malandata, da restaurare. Lo fece lui stesso, in modo del tutto artigianale, completò le ruote con i raggi di duro legno e foderò alla bella e meglio due comode panche per il trasporto dei passeggeri. Conclusa l’opera, si accorse che mancava il posto per il vetturino, ma purtroppo non aveva altro materiale, né soldi, per costruire la serpa, ovvero la seduta per il conducente. Non si perse d’animo, trovò in una discarica, una piccola cassetta di legno che gli sembrò confacente allo scopo. La riattò e la sistemò in qualche modo, recuperando spazio davanti alle sedute dei trasportati, completando l’opera e pronto per accogliere i primi passeggeri. Gli amici e conoscenti, quando lo videro, con il suo sguardo fiero e  con le briglie in tiro, seduto sulla piccola cassettina, gli appiopparono il nomignolo, in vernacolo napoletano, di “Casciulella”, ovvero piccola cassetta. Gli affari, per Casciulella andarono molto bene e presto dovette sostituire quella sua vecchia carretta con carrozze più comode e moderne. Il benessere gli diede l’opportunità di cambiare vita e costruirsi una bella famiglia. Arrivarono i figli, tanti, e con loro anche i problemi. Oltretutto alla fine dell’ottocento ed inizio novecento, ci fu un grande processo tecnologico, che portò anche in Italia le prime automobili a motore. Ben presto le carrozze furono sostituite da questi nuovi mezzi ed il benessere di Casciulella cominciò ad affievolirsi, fino a quasi sparire, diventando ben presto ed irrimediabilmente malessere. Il povero Casciulella, non sopportò il declino imposto e si abbandonò in preda alla depressione, trovando conforto solo affogando il suo sconforto nel vino. Per sua fortuna i figli cominciarono a diventare grandi e riuscirono con vari espedienti e mestieri, inventati con la nobile arte dell’arrangiarsi, sempre proficua a quelle latitudini, a portare avanti la famiglia. Purtroppo La depressione e l’alcool non lo abbandonarono mai più. Morì senza arrivare alla agognata vecchiaia, lasciando ai figli il solo soprannome. Giuseppe, uno dei figli nato a fine ottocento, era dotato di un fisico naturalmente straripante, gambe corte e tozze, braccia nodose e dure come cime di marinai, un torace ben guarnito ed il collo taurino. Una forza fisica arrivata da madre natura, a cui non poteva opporsi. Sfruttò fin da subito queste sue naturali dote fisiche per cercare un lavoro che gli si confacesse. Lo trovò nel porto di San Giovanni a Teduccio, in qualità di scaricatore di qualsiasi merce, purchè fosse  pesante ed incontrollabile per gli altri. Lavorava sodo come un somaro e forse anche di più, instancabile sotto il peso di enormi sacchi e mercanzie varie. Lavorava sia al porto che allo scalo ferroviario. Ben presto si sparse la notizia delle gesta di questo rozzo e possente scaricatore. Cominciarono a chiamarlo per organizzare scommesse a chi portasse più quintali sulle spalle e nel più lungo tratto possibile. Fu così che Casciulella jr, cominciò a vivere di sole scommesse legate alla sua enorme forza. Non andò più al porto, dove si lavorava tantissimo e si veniva pagati meno. Nemmeno allo scalo ferroviario ed in altri magazzini, guadagnava tanto di più e gli rimaneva tantissimo tempo libero. Purtroppo però, il tempo libero gli consigliò l’ozio. Cominciò a frequentare le cantine dove si giocava a carte, ma soprattutto si beveva vino. Tanto vino. L’ozio ed il vino insieme, lo portarono alla rovina. Ubriaco fin dal mattino, arrivava a sera che era uno straccio di uomo senza più forze. Si racconta che un giorno litigò tantissimo con la moglie Anna, che in questi anni gli diede sette figli, cinque maschi e due femmine, perché lei gli ricordò che il dottore dopo una delle tante chiamate, per rimetterlo in sesto, lo pregò di smettere di bere assolutamente il vino. Embè, rispose lui, ho smesso di bere vino, ho ascoltato il dottore. Ora bevo solo anice! Anche Casciulella jr morì come suo padre, alla soglia dei cinquant’anni, nell’oblio dell’alcool. Alla moglie Anna, rimasta zoppa per un incidente, cominciarono a pensare i sette figli, anche loro con l'arte di arrangiarsi e la sola eredità del soprannome.

Cav. Aniello Ricciardi