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mercoledì 2 marzo 2016

IL MOSTRO


Al rientro al lavoro, dopo le ferie estive, mi comunicarono che erano state ristabilite le visite mediche d’idoneità periodiche ed obbligatorie, con cadenza biennale.
Erano passati più di cinque anni da quando mi ero sottoposto a quelle che avevo sempre giudicato una perdita di tempo.
Come poteva ammalarsi seriamente una roccia come il sottoscritto!
Fu così che mi sottoposi a tutte le visite di routine, presso l’ospedale militare di La Spezia.
Avevo ragione io, risultavo naturalmente idoneo in tutti gli ambulatori, aspettavo solo i risultati degli esami ematici, per avere l’idoneità per iniziare il mio ventiseiesimo anno di servizio in Marina.
Facevo servizio già da dieci anni presso la Stazione Elicotteri della Marina Militare. Una settimana dopo, mi chiamarono in segreteria, dicendomi che dovevo ritornare in ospedale per rifare i prelievi. Nell’ambulatorio prelievi mi dissero che c’erano dei valori errati e pertanto era bene ripetere gli esami ematici. Mi recai di nuovo in ospedale, svogliatamente, anche perché avevo sempre sofferto più del dovuto quei prelievi, a causa della profondità delle mie vene, bene immerse sotto la spessa ciccia.
Passò circa un mese e la mia idoneità non arrivava. Cominciai a preoccuparmi. Proprio trenta giorni dopo il secondo prelievo mi richiamarono per farne ancora un altro.
Nessuno però mi diceva nulla sui motivi di quei richiami, mi ripetevano solo che erano controlli di sicurezza.
La settimana successiva mi dissero di presentarmi in ospedale, non per il prelievo, ma per un colloquio con il medico legale.
Mi presentai il giorno stabilito con la solita perfetta divisa ordinaria.
Il medico legale mi disse che avevano fatto ripetere per tre volte gli esami, in quanto insistevano dei valori anomali inerenti il numero dei globuli bianchi, e la formula leucocitaria risultava invertita. Mi chiese se avevo avuto infezioni o febbre nell’ultimo periodo a cui risposi, sicuramente no. Se avevo notato qualcosa di particolare nelle mie condizioni fisiche. Gli risposi che forse mi sentivo un tantino stanco e probabilmente avevo un aumento di sudorazione notturna, ma che entrambi i sintomi potevano essere attribuiti al recente caldo afoso dovuto all’ancora non del tutto passata estate.
Il medico disse che con quei valori, non avrebbero potuto darmi l’idoneità e che avrebbe dovuto prescrivermi quaranta giorni di convalescenza, per sottopormi ad accertamenti più accurati che avrebbero dovuto accertare i motivi di quella iperleucocitosi. Mi consigliò poi di recarmi in un buon centro ematologico, che potevo trovare o a Pisa o a Genova.
Feci di tutto per non avere la convalescenze, amavo il mio lavoro e non potevo stare quaranta giorni senza. 
Non mi persi d’animo, ne parlai con il mio medico, che mi consigliò di sottopormi ad esami di routine presso il reparto di ematologia al Santa Chiara di Pisa.
La dottoressa che mi accolse nel reparto di ematologia a Pisa mi spiegò che bisognava rifare gli stessi esami ematici, integrandoli con altri più specialistici. Ricordo che feci nello stesso reparto il mega prelievo, circa una quindicina di fialette di sangue ematico.
Aspettai quei lunghissimi quindici giorni in trepida attesa, il periodo più lungo della mia vita.
La dottoressa mi disse che aveva in mano i referti per poter fare una prima diagnosi, ma non voleva essere azzardata, pertanto mi chiese di sottopormi ad un agoaspirato al midollo osseo, per poter avere la piena certezza del suo sospetto.
Non avevo alternative e mi sottoposi a quell’esame altamente invasivo e dolorosissimo.
Mi ritrovai all’inizio di novembre, seduto affianco a Rita, mia moglie, che mi aveva seguito in tutto il percorso iniziato, ci tenevamo come sempre per mano.
Dall’altro lato della scrivania, la nostra simpatica amica, la dottoressa.
Mi dispiace dovervi comunicare che gli esami hanno evidenziato una Leucemia Linfatica Cronica.
“...ma…io…siamo…ehm…forse….”, borbottai, non riuscivo a parlare, guardai Rita, che aveva già gli occhi gonfi di lacrime.
Mi accorsi che due lacrimoni mi solcarono il viso. Cercai per quanto possibile di stare calmo, ma sentivo le gambe che mi tremavano ed il cuore a mille, probabilmente, nel frattempo, si era spostato nella gola. Sapevamo entrambi che la diagnosi potesse prendere quella piega, ma speravamo fino all’ultimo che così non fosse stato. Quella parolona, che avevo sentito sempre così lontano e disinteressato non sapevo nemmeno cosa significasse, ma ne conoscevo la cattiva reputazione, faceva paura. Il mostro si era impossessato di me ed iniziava a demolirmi asintomaticamente da dentro.
Ma come poteva essere che uno come me, pieno di salute, una roccia, poteva essere attaccato da un mostro, così subdolo quanto spietato? Non volevo crederci. Perché tra tanta gente proprio a me!!!
La dottoressa ci lasciò discretamente soli per qualche minuto. Restammo senza parlare mano nella mano.
Rientrò e disse. "Bene (mica tanto pensai), ora vi spiego per bene tutto quello che dovete sapere su questa malattia, come si affronta e quali saranno i prossimi step".
Quel medico fu veramente molto cordiale, mi mise veramente a mio agio, rispose prontamente ed instancabilmente a tutte le mie domande. Ci lasciò il suo telefono personale da utilizzare per qualsiasi emergenza.
Arrivai a casa e non ebbi il coraggio di guardare le mie bimbe di dodici e tredici anni. Uscii di casa e feci una lunga passeggiata, nella solitudine del bosco. Mille pensieri mi accompagnarono, mentre camminavo in silenzio, con le mani in tasca ed il rubinetto lacrimale aperto, riavvolsi tutto  il film della mia vita e mi sentivo così vicino al precipizio finale. Quello che più mi ritornava in testa era l’egoismo di pensare che non potevo morire, per non lasciare mia moglie e le mie piccole da sole. Come avrebbero fatto senza di me? 
Ritornai a casa dopo circa tre ore,  Rita era preoccupata. Non mi ero mai allontanato per così tanto tempo.
Non potevo rimanere a guardare, ad aspettare invano, qualcosa dovevo fare. Cosa?
Quello che sapevo fare e che mi avevano insegnato scrupolosamente.
 Combattere!
Le armi scelte furono quelle dell’alleanza, Rita in primis e poi tutta la famiglia. Decisi fin da subito di parlare con tutti del mostro che stavo combattendo. Ero sicuro che lui mi sentisse, il mio intento era di fargli arrivare il messaggio, che con me non funzionava. 
Non mi volevo sentire un ammalato. Ero semplicemente in guerra.
Tre mesi dopo arrivò il periodo delle chemioterapie. Il mostro si difendeva, mi tartassava e debilitava da dentro. Stavo malissimo, nausea, vomito, stanchezza, perdita dei capelli, unghie nere e tanti altri malanni. Decisi però, grazie al grandissimo appoggio del mio Comandante, di non sentirmi ammalato. Il comandante mi disse che potevo fare come volevo al lavoro, prendere ferie, andare a lavorare, fare certificati medici.
Questa disponibilità mi aiutò molto. Il fatto di non volermi sentire ammalato fece si che dopo le terapie mattinali, andavo in ufficio tutti i giorni, senza mai presentare un certificato. Dopo un anno e mezzo finirono le chemio e riuscirono a separare ed a congelare le mie stesse cellule staminali. I miei fratelli si sottoposero alla prova di compatibilità per un eventuale trapianto di midollo. Purtroppo nessuno di loro fu trovato compatibile. Alla fine la dottoressa mi chiamò e mi disse: “Ce l’hai fatta, c’è la remissione della malattia, che non vuol dire guarigione. Per quella il percorso sarà ancora lungo”. Il mostro era domo e sotto controllo, ma rimaneva annichilito dentro di me. 
Se si muove lo ammazzo!
Montemarcello 2006
Nello RICCIARDI


8 commenti:

Ardito27 ha detto...

Non lo sapevo.....ma ho rivissuto, mentre leggevo con gli occhi velati, dalla stanchezza, certe sensazioni di qualche anno fa......

Aniello Ricciardi ha detto...

Grazie. Non ho il contatto "sepperdito".
Di chi è?

Anonimo ha detto...

Nello, non poteva essere altrimenti, da quella roccia che sei; che la sorte ti sia benigna, ciao, forza e avanti sempre

Unknown ha detto...

Sempre gradevole ed interessante leggerti anche in una esperienza di vita così personale e delicata che con parole semplici ma profonde, ci hai ci hai saputo mostrare. Salutoni. Giovanni Libardo

Unknown ha detto...

Sempre gradevole ed interessante leggerti anche in una esperienza di vita così personale e delicata che con parole semplici ma profonde, ci hai ci hai saputo mostrare. Salutoni. Giovanni Libardo

Aniello Ricciardi ha detto...

Grazie Erminio. Sempre avanti!

Aniello Ricciardi ha detto...

Grazie Comandante.

Aniello Ricciardi ha detto...

Anche io.