Non
si è mai stati grandi abbastanza per aspettare la befana, non tanto per la
vecchietta brutta e gibbosa a cui da
sempre la hanno accostata, ma per quello che avrebbe potuto donarci, nella
speranza di essere stati buoni, ed in quei giorni lo eravamo indiscutibilmente
tutti. La notte del cinque gennaio è sempre stata la notte più lunga dell’anno
per i bambini, si odiavano non poco i genitori, che provavano in tutti i modi
ed in tutte maniere, per mandarci a letto. Ma come si faceva a dormire
tranquilli, sapendo che da li a poco sarebbe arrivata la vecchiaccia con la
scopa dispensatrice di cose buoni e giochi anelati per un anno intero. E se poi
mi addormento e si dimentica di me? Questo era il mio pensiero ricorrente,
oltre alla sicurezza di essere stato il bambino più bravo del mondo e di
meritarmi di tutto, tranne l’odiato carbone. Certo, avevo i miei sogni, ma non mi
esprimevo per il timore che gli altri me li rubassero.
La
lunga notte di aspettative passava poi come tutte le altre, ma la sveglia era sempre
irrimediabilmente all’alba. Credo che in tutte le case le espressioni di gioia e
meraviglia fossero le stesse, qualunque fossero stati i doni. Quelle calze
variopinte e profumate di caramelle e dolciumi vari, a nascondere gli
immancabili giochi, finivano sempre per diventare di interesse secondario.
Immancabilmente,
come ormai di consueto con l’età della manualità collegata all’intelletto, la
mia befana mi lasciava puntualmente solo pistole da cow boy.
La
canna sempre più lunga, l’immancabile fodero stampato appeso al cinturone ed
una girandola di munizioni di carta rossa con intervallate puntine di polvere
da sparo. In quel periodo di fine anni sessanta, arrivò con mia grande
soddisfazione, la promozione a sceriffo. Una bellissima stella dorata si affacciava
brillante dalla confezione. La feci immediatamente mia e me l’appuntai con
orgoglio sul petto. Indossai l’arma, già caricata ed uscii nel cortile di casa.
Quella
befana dispensò quasi a tutti i bambini del cortile le stesse pistole, le
stesse munizioni e con mio profondo dispiacere, troppe stelle da sceriffo.
Non
c’era nessun cattivo da combattere. Più tardi, però, arrivò qualcuno con
qualche fucile senza distintivo. Furono subito presi di mira dagli sceriffi del
cortile e messi sotto tiro. Le munizioni, purtroppo terminarono repentinamente,
ed agli spari si sopperì con il lancio di sassi sempre disponibili tutto
l’anno.
A
metà mattinata fui chiamato dalla mamma, per andare al centro di Marigliano,
dove ci aspettava la befana dei poveri.
In
quegli anni il comune organizzava, per le famiglie meno abbienti una
distribuzione di giochi.
Mi
ripulii alla bene e meglio dal fango accumulato nei vari combattimenti corpo a
corpo e con i miei genitori ci incamminammo verso il centro.
Fu
bellissimo vedere al centro dell’incrocio principale del paese un vigile in
perfetta uniforme, con l’insolito casco bianco rigido in testa e due maniconi
bianchi che accentuavano le indicazioni delle braccia nel dirigere il traffico.
Il vigile stava su di una specie di piedistallo ed intorno a lui si
accumulavano numerosi doni lasciati dagli automobilisti di passaggio. C’era
ogni ben di Dio, panettoni, dolciumi, fiaschi di vino, bottiglie di liquori,
bottiglie di olio ed in un paese contadino come Marigliano, non potevano
mancare i sacchetti di patate.
Arrivammo
nei pressi del cinema Vittorio, dove un addetto ci chiese il nominativo ed il
libretto dei poveri (non esisteva ancora la legge sulla privacy).
Accertatosi
di quanto dovuto, ci fece entrare.
Ben
presto le sedie disponibili vennero occupate da bambini vocianti e dai loro
genitori o accompagnatori.
Gli
immancabili discorsi dei vari politici presenti
annoiavano non poco i bambini presenti.
Al
termine dei troppo lunghi convenevoli, iniziò la lenta chiamata, rigorosamente
in ordine alfabetico, dei bambini a cui veniva consegnato il pacco lasciato
dalla befana, che, nottetempo era andata
nella casa comunale.
A
causa della nottata passata quasi insonne, mi ero quasi appisolato, quando con uno
scossone mio padre mi esortò a raggiungere il palco. Erano rimaste poche
persone sparpagliate in sala. In quel frattempo sperai fortemente che fosse
rimasto ancora qualcosa anche per me. Almeno quello che speravo. La speranza
era che la befana che frequentava il comune fosse un po’ più facoltosa di quella
che veniva dalle mie parti.
Mi
fu consegnato un pacco di carta con la scritta Comune di Marigliano.
Appena
fuori volli aprirlo.
Lo
sapevo!!!!!
Come
l’anno prima, ero arrivato in ritardo. Il solito bidoncino di cartone con i
mattoncini Lego giallo rossi per le costruzioni. La solita calza contenente
anche qualche pezzettino di carbone ed una lettera di accompagnamento per i
genitori.
Anche
quell’anno dovetti rimandare a quello dopo, la voglia di una pista di
automobili elettriche o il fucile winchestern automatico con munizioni di
plastica rosse.
Cominciai
fin da subito ad essere ancora più bravo di prima.
Nello
Ricciardi
Marigliano
1968