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sabato 6 gennaio 2018

LA BEFANA DEGLI ANNI SESSANTA

Non si è mai stati grandi abbastanza per aspettare la befana, non tanto per la vecchietta  brutta e gibbosa a cui da sempre la hanno accostata, ma per quello che avrebbe potuto donarci, nella speranza di essere stati buoni, ed in quei giorni lo eravamo indiscutibilmente tutti. La notte del cinque gennaio è sempre stata la notte più lunga dell’anno per i bambini, si odiavano non poco i genitori, che provavano in tutti i modi ed in tutte maniere, per mandarci a letto. Ma come si faceva a dormire tranquilli, sapendo che da li a poco sarebbe arrivata la vecchiaccia con la scopa dispensatrice di cose buoni e giochi anelati per un anno intero. E se poi mi addormento e si dimentica di me? Questo era il mio pensiero ricorrente, oltre alla sicurezza di essere stato il bambino più bravo del mondo e di meritarmi di tutto, tranne l’odiato carbone. Certo, avevo i miei sogni, ma non mi esprimevo per il timore che gli altri me li rubassero.
La lunga notte di aspettative passava poi come tutte le altre, ma la sveglia era sempre irrimediabilmente all’alba. Credo che in tutte le case le espressioni di gioia e meraviglia fossero le stesse, qualunque fossero stati i doni. Quelle calze variopinte e profumate di caramelle e dolciumi vari, a nascondere gli immancabili giochi, finivano sempre per diventare di interesse secondario.
Immancabilmente, come ormai di consueto con l’età della manualità collegata all’intelletto, la mia befana mi lasciava puntualmente solo pistole da cow boy.
La canna sempre più lunga, l’immancabile fodero stampato appeso al cinturone ed una girandola di munizioni di carta rossa con intervallate puntine di polvere da sparo. In quel periodo di fine anni sessanta, arrivò con mia grande soddisfazione, la promozione a sceriffo. Una bellissima stella dorata si affacciava brillante dalla confezione. La feci immediatamente mia e me l’appuntai con orgoglio sul petto. Indossai l’arma, già caricata ed uscii nel cortile di casa.
Quella befana dispensò quasi a tutti i bambini del cortile le stesse pistole, le stesse munizioni e con mio profondo dispiacere, troppe stelle da sceriffo.
Non c’era nessun cattivo da combattere. Più tardi, però, arrivò qualcuno con qualche fucile senza distintivo. Furono subito presi di mira dagli sceriffi del cortile e messi sotto tiro. Le munizioni, purtroppo terminarono repentinamente, ed agli spari si sopperì con il lancio di sassi sempre disponibili tutto l’anno.
A metà mattinata fui chiamato dalla mamma, per andare al centro di Marigliano, dove ci aspettava la befana dei poveri.
In quegli anni il comune organizzava, per le famiglie meno abbienti una distribuzione di giochi.
Mi ripulii alla bene e meglio dal fango accumulato nei vari combattimenti corpo a corpo e con i miei genitori ci incamminammo verso il centro.
Fu bellissimo vedere al centro dell’incrocio principale del paese un vigile in perfetta uniforme, con l’insolito casco bianco rigido in testa e due maniconi bianchi che accentuavano le indicazioni delle braccia nel dirigere il traffico. Il vigile stava su di una specie di piedistallo ed intorno a lui si accumulavano numerosi doni lasciati dagli automobilisti di passaggio. C’era ogni ben di Dio, panettoni, dolciumi, fiaschi di vino, bottiglie di liquori, bottiglie di olio ed in un paese contadino come Marigliano, non potevano mancare i sacchetti di patate.
Arrivammo nei pressi del cinema Vittorio, dove un addetto ci chiese il nominativo ed il libretto dei poveri (non esisteva ancora la legge sulla  privacy).
Accertatosi di quanto dovuto, ci fece entrare.
Ben presto le sedie disponibili vennero occupate da bambini vocianti e dai loro genitori o accompagnatori.
Gli immancabili discorsi dei vari politici presenti  annoiavano non poco i bambini presenti.
Al termine dei troppo lunghi convenevoli, iniziò la lenta chiamata, rigorosamente in ordine alfabetico, dei bambini a cui veniva consegnato il pacco lasciato dalla befana, che,  nottetempo era andata nella casa comunale.
A causa della nottata passata quasi insonne, mi ero quasi appisolato, quando con uno scossone mio padre mi esortò a raggiungere il palco. Erano rimaste poche persone sparpagliate in sala. In quel frattempo sperai fortemente che fosse rimasto ancora qualcosa anche per me. Almeno quello che speravo. La speranza era che la befana che frequentava il comune fosse un po’ più facoltosa di quella che veniva dalle mie parti.
Mi fu consegnato un pacco di carta con la scritta Comune di Marigliano.
Appena fuori volli aprirlo.
Lo sapevo!!!!!
Come l’anno prima, ero arrivato in ritardo. Il solito bidoncino di cartone con i mattoncini Lego giallo rossi per le costruzioni. La solita calza contenente anche qualche pezzettino di carbone ed una lettera di accompagnamento per i genitori.
Anche quell’anno dovetti rimandare a quello dopo, la voglia di una pista di automobili elettriche o il fucile winchestern automatico con munizioni di plastica rosse.
Cominciai fin da subito ad essere ancora più bravo di prima.
Nello Ricciardi
Marigliano 1968