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lunedì 27 gennaio 2020

I MIEI GENITORI (Gli inizi)

Giuseppe Ricciardi e Maddalena Manzi, si conobbero in “campo neutro”, a Portici, essendo provenienti, lei da Palma Campania e lui da San Giovanni a Teduccio. Maddalena era alla soglia dei trent’anni, veniva da una famiglia umile composta da cinque figli. Abitava, insieme al resto della sua famiglia, a Mugnano del Cardinale, ai confini dell'antica provincia di Terra di Lavoro, ai margini del territorio avellinese, così si chiamò fino al 1927 quella provincia con capoluogo Caserta. Il padre Giacomo, barcamenava il lunario facendo il duro lavoro del boscaiolo. In questo umile, antico e faticoso lavoro condusse ben presto anche il figlio e le figlie. Le ragazze fin da piccole, dovettero, loro malgrado, imparare ad arrampicarsi nottetempo sui pendii scoscesi dell’odierno parco regionale del Partenio, per portare a valle le ingombranti e pesanti fascine di legna accuratamente tagliate e preparate dagli uomini. Era una vita molto dura e di sacrifici estremi, soprattutto per giovani ed esili donne. Appena ne ebbe l’occasione, Maddalena si trasferì in città per dedicarsi ad un lavoro più consono ad una giovane donna. Cominciò a fare la donna di servizio in casa di persone dell’alta borghesia napoletana. 
Giuseppe era di sette anni più giovane, rispetto a Maddalena, proveniva da una famiglia poverissima, che abitava a San Giovanni a Teduccio, composta da sette figli. Tutta la famiglia abitava in un monolocale. Il papà di Giuseppe, anche lui con lo stesso nome del figlio, quando si ritrovava, quelle poche volte sobrio, riusciva a guadagnare qualche liretta come scaricatore nel vicino porto, dove spesso arrotondava gli esigui guadagni, vincendo scommesse su chi portava in spalla i sacchi più pesanti. Dicevano di lui che, nelle sole ore mattutine, fosse un toro, per quanti sacchi riuscisse a portare. Iniziò a trovare miglior sostentamento economico, smettendo di lavorare, ma mai di bere, quando i primi figli maschi cominciarono, in tenera età, a sobbarcarsi la responsabilità familiare ed a rimboccarsi le maniche per inventarsi i più svariati lavori per sfamare tutta la famiglia. Il papà di Giuseppe, morì poco dopo i cinquant'anni, proprio a causa dell'abuso di alcool, che gli aveva distrutto il fegato. Anche Giuseppe non si tirò indietro alla chiamata della necessità per la vita. Si adattò fin da piccolissimo a svolgere i servizi ed i lavori più umili, finanche a raccogliere mozziconi di sigarette al fine di recuperarne il tabacco e venderlo nelle osterie insieme al fratello Luigi, che tra i cinque fratelli maschi, aveva l'ingegno di inventarsi i lavori più strani pur di portare a casa la pagnotta tutte le sere. Tuttavia, con il passare del tempo, le cose cominciarono anche a mettersi benino per lui, quando al termine dell’adolescenza si ritrovò a lavorare, con uno stipendio fisso, in una nota fabbrica di pelati della zona ovest di Napoli. Ma quando le condizioni di vita cominciarono piano piano a migliorare, il fato avverso volle manifestarsi in tutta la sua crudeltà. Giuseppe aveva compiuto da poco diciannove anni, quando si svegliò una mattina e si accorse di non vedere quasi più nulla, solo grosse ombre rarefatte. La diagnosi fu infausta, "atrofia al nervo ottico irreversibile". Perse di conseguenza anche il il posto in fabbrica e si dovette accontentare di seguire corsi appositi, di avviamento al lavoro, per ciechi civili. Frequentò diversi corsi, ma il lavoro non arrivò mai e si accontentò di sopravvivere di una esigua pensione d'invalidità. 
Giuseppe e Maddalena si incontrarono la prima volta per caso, durante un classico festino di ballo in casa di amici comuni. Lei abitava a Portici, a servizio da una famiglia facoltosa, e talvolta riusciva a ritagliarsi qualche serata libera da trascorrere con amici. Lui si trovò a quel festino invitato dalla sua fidanzata, già conoscente di Maddalena. Lei, sentimentalmente, non era impegnata con nessuno. Ebbero così modo di conoscersi  in quella serata di festa trascorsa insieme. Quella prima sera, si congedarono con la promessa di rivedersi presto in qualche altra occasione. Giuseppe ricevette dalla sua fidanzata il compito di trovare un amico da portare con lui, da presentare a Maddalena, in modo da poter uscire in quattro.
Agli appuntamenti successivi, Giuseppe portò con se, come richiesto dalle ragazze, Vincenzo, uno dei suoi fratelli più grande di lui di un paio di anni. Purtroppo a Maddalena, causa anche le proverbiali timidezze di Vincenzo, non le si accese nessuna fiammella d'interesse, né al cuore né alla testa.
Il destino volle, però, che Maddalena non rimanesse a lungo impassibile, difronte al giovane fascino di Giuseppe e se ne innamorò perdutamente. Dall’altra parte, Giuseppe fu rapito dal carattere allegro e scherzoso di Maddalena, il buon “Cupido” ci mise l’arco e le frecce giuste, ed i due, messa da parte l'incolpevole ormai ex fidanzata di Giuseppe, si trovarono uniti in un fidanzamento.
Si frequentarono amorevolmente per un discreto periodo, Giuseppe trovò il modo di confessare a Maddalena il suo grosso problema. Lei se ne era già accorta, ma non aveva voluto farlo sentire in imbarazzo e se ne guardò bene dal dirglielo. Si amavano e decisero di convolare a nozze, che avvennero, con una cerimonia essenziale, in un caldo mese di agosto del 1955. Non avendo altre possibilità che una coperta di stelle, andarono a vivere nel monolocale della mamma di Giuseppe, a San Giovanni a Teduccio. In quella monocamera, oltre alla mamma, c'erano ancora due fratelli ed una sorella di Giuseppe, che non erano ancora sposati. Fu ricavato così una piccolo spazio in un angolo, separato da una tenda scorrevole, dove trovava posto il loro piccolo giaciglio nuziale.
Non fu una convivenza tranquilla, date le misere condizioni logistiche, accentuata oltretutto dalla presenza troppo intromissiva della suocera. Insomma l'inizio fu abbastanza burrascoso, le litigate tra Maddalena e la suocera Anna ormai erano all'ordine del giorno. Fu così che decisero di trasferirsi, in attesa di una migliore sistemazione e di tranquillità, a Marigliano, un piccolo paesino ad est di Napoli, dove chiesero ospitalità alla sorella maggiore di Maddalena. Violanda accettò subito il richiamo di aiuto della sorella ed insieme al marito Felice offrirono una momentanea ospitalità alla giovane coppia, offrendo a loro di dividere la loro seppur mesta abitazione.
Cominciò così la nuova avventura dei giovani sposi, lontano dai suoceri.