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giovedì 29 dicembre 2022

KIZOMBA


L’ultima lezione dell’anno, il nostro maestro di kizomba, Pascal, l’ha voluta trasferire in un locale della zona, dove si potesse cenare insieme e dopo, con il beneplacito permesso dei titolari, ballare liberamente in assenza di lezioni guidate. 
Ho fin da subito aderito con entusiasmo a questa iniziativa, per due motivi ben precisi: 
- il ricordare la mia provenienza, seppur in tarda età, da una scuola di ballo guidata magistralmente da Simon Latino, che aveva fatto del suo principale punto di forza, l’aggregazione del suo gruppo, con l’intento principale di crescita e scambio simultaneo di esperienze di ballo; 
- il ricordare che il termine kizomba derivante da un dialetto angolano, significa appunto “celebrazione e comunità”.
Ci siamo trovati così, in venticinque amanti o presunti tali di questo ballo, l’ultimo mercoledì del 2022, in un locale conosciuto da pochi, ma seppur spartano, molto accogliente e con portate che si sono dimostrate, a mio parere, per qualità e quantità, degne di essere riproposte nel prossimo anno.
Appena la sala è rimasta vuota, Pascal ha dato il via alle danze, scegliendo tra i suoi brani preferiti quelli della kizomba con percussioni elettroniche che imitano il suono della batteria, forti ritmi di strumenti elettronici e con poco testo cantato. Il cosiddetto stile Urbankiz.
Logicamente tutti siamo rimasti ammirati dalla maestria dei movimenti guidati del maestro, in perfetta simbiosi con la sua ballerina Simona, che danzava come telecomandata, alternando passi di regale libellula alla dolcezza di sinuose giravolte. Pascal guidava la sua dama molto dolcemente, lentamente, in modo elegante e sensuale, e senza forzature né rigidità. Si notavano chiaramente la “pasada”, la “saida”, e la “tarraxa”, le connessioni ed i dolci comandi imposti con la mano destra.
Poi quasi tutti abbiamo partecipato al ballo. Io, personalmente, ho ballato con alcune donne presenti e naturalmente con mia moglie Rita, la mia dama preferita da ben trentasette anni. Con lei però mi avvilisco un pochino, perché mi trova sempre da ridire, al contrario delle altre dame che mostrano apprezzamento (o forse mi prendono solo in giro mentendo spudoratamente) per i miei, seppur lenti, miglioramenti nelle scelte dei passi e dei comandi.
Ma la prova del nove, per me, è arrivata, quando mi sono trovato di fronte a Simona, all’inizio di un nuovo brano, proprio al centro dell’improvvisata sala da ballo. L’avevo evitata accuratamente, per non rischiare di ballare con lei e finire per dimostrare tutte le mie mancanze nelle basi e nelle figure, fino a quel momento insegnate da Pascal e poco recepite o ricordate dalla mia mente. 
Assumo la posizione di partenza, ricordata egregiamente, faccio un rapido ripasso di quello che ricordo. Ahimè, saida donna e saida uomo, alternato da tanto passo uno e due. Però devo dire che mi veniva tutto bene e Simona non mostrava cenni di disapprovazione. Questo mi ha incoraggiato. Mi spingo a provare qualche figura più avventata e strutturata, cercando nella mia povera memoria messa a dura prova dalla situazione contingente. Comincio a districarmi con i comandi sulla schiena e vedo che Simona segue e realizza, prendo fiducia, provo qualche giravolta che si chiude alla perfezione. Ma il brano, purtroppo è uno dei più lunghi, ho finito le cartucce dei ricordi. Non mi rimane che l’ultima arma a disposizione, Il “free style”, Comincio a seguire la musica ed a inventare passi mai eseguiti, mi fermo sulle pause e sulle note sincopate. Mi piace, mi diverto e noto, almeno apparentemente una leggera soddisfazione della mia esperta dama, abbastanza annoiata fino a quel momento.
La musica si esaurisce lentamente, fermo la dama che mi guarda e mi dice. Bravo il free style è stato ben interpretato! Sono contento, la serata si è chiusa, per me, con tanta soddisfazione. Grazie a Pascal e Simona.
Ponzano Magra, ultimi giorni del 2022
Nello Ricciardi

martedì 1 novembre 2022

LA METROPOLITANA DI PARIGI

"Parigi val bene una una messa”, disse Enrico IV, notoriamente di 
religione protestante, che dovette abbracciare, suo malgrado,  il credo cristiano per salire sul trono di Francia. Io, non avendo corone da auspicare, avevo come unica e semplice motivazione, la ricorrenza imminente del compleanno di Rita, che capitava in un momento tranquillo della nostra vita matrimoniale. 
Pensai di farle un bel regalo a sorpresa e fu così che prenotai, a sua insaputa, il volo Ryanair un paio di giorni prima del suo compleanno.
Non fu facile tenere nascosto la meta del viaggio, fino all’ingresso
del gate d’imbarco. Lei continuava a chiedere, io continuavo ad inventare destinazioni. Andiamo a fare un giretto un paio di giorni, continuavo a ripetere. 
La gioia di Rita, quando lesse Parigi nel cartellone luminoso delle partenze, fu palpabile ed incontenibile. Mi toccò incassare un bacio appassionato, mentre eravamo in mezzo alla folla in fila, nei pressi dell’ultimo controllo. Io, notoriamente timido e riservato, dovetti ricorrere alle più sconosciute tecniche di autogestione, per frenare l’aumentata circolazione del sangue diretta sulle gote, rimanendo di conseguenza pallido in volto, senza far trasparire nessuna vergogna. 
Non eravamo mai stati a Parigi, nessuno dei due, ma lo desideravamo tantissimo entrambi. 
Nei giorni precedenti la partenza, studiai accuratamente i percorsi per visitare quanto più possibile. Ahimè i giorni di permanenza erano davvero pochi, quindi mi concentrai a ricordare le linee ed i nomi delle innumerevoli stazioni metro ed i nodi di collegamento e scambi. Davvero innumerevoli e complicato.
Arrivammo a Parigi Beauvais, aeroporto a circa un’ora a nord della grande capitale francese. 
Con la metro, arrivammo quasi vicino a dove  avevo prenotato l’albergo, in Boulevard de la Magenta, in direzione del quartiere Barbes.
Scendemmo alla fermata Barbes-Rochechouart, abbastanza vicino all’albergo. 
Era ormai tardi e stranamente, a questa stazione non scese quasi nessuno.
Non era proprio bella, né nuova, anzi, le banchine mal tenute e abbastanza sporche. 
Quando impegnammo le scale per la discesa in Boulevard del la Chappelle, all’angolo con Boulevard de la Magenta, notai un numeroso e rumoroso gruppo di magrebini, con bottiglie di alcool in mano e con aspetto poco rassicurante. Dovevamo passare proprio in mezzo a loro. Non c’era nessuno dietro di noi, né nelle vicinanze, se non altri gruppi identici. Dissi a Rita di starmi dietro per non impedire i miei movimenti in caso di una non auspicata e forzata colluttazione, contestualmente cercai di non dimostrarle preoccupazione, che invece c’era tutta. 
Rallentai il passo allo scopo di ricordare e ripassare rudimentali mosse di ju-jitsu che avevo praticato in giovane età, durante i corsi di difesa personale. Ma, ahimè, i ricordi erano veramente labili e troppo lontani, inoltre cominciai a sentirmi reattivo come un panda, con il pensiero da leone.  Mi ritrovai con un pugno chiuso e tremante e la mente lucida e razionale. 
Il mio solo scopo era quello di proteggere Rita. 
Aumentai il passo, assumendo un aspetto quasi marziale, cercando di non lasciar trasparire alcun timore. Un profondo respiro mi fece aumentare la gabbia toracica come un toro infuriato che entra nell’arena. Passai in mezzo al gruppo deciso, mi fecero largo. Li guardai negli occhi, qualcuno di loro disse qualcosa, naturalmente non capii e con il capo rifiutai quello che mi offrivano. Saranno stati una quindicina. Il mio pugno non sarebbe bastato nemmeno per il più piccolo di loro. 
Ci ritrovammo oltre, finalmente potei tornare ad una respirazione normale, seppur lievemente affannata. Rita camminava svelta dietro di me, senza aver mai mollato la mia mano. 
Arrivammo finalmente in albergo, dove mi dissero che sarebbe stato meglio scendere a Gare du Nord. Il quartiere e la stazione di Barber era proprio da evitare, in quanto una delle più pericolose di Parigi.
Ci svegliammo il giorno dopo di buon’ora per andare in giro per la città. Il tempo a disposizione era poco e Parigi era enorme.
Visto l’esperienza della sera prima ed invitati dagli agenti ai margini delle stazioni meteo, decidemmo di stare più attenti e non rischiare niente. 
Rita mi chiese di tenere il suo portafoglio ed il telefonino. Non si fidava a tenerlo nel suio zainetto. 
Prendemmo il treno della metro a Gare du nord, le stazioni erano sempre super affollate, ma i treni si susseguivano a pochissimi minuti uno dall’altro. Si scendeva in una stazione nodo, dove si intersecavano più linee. Dovevamo cambiare giusto linea per andare nella direzione voluta. Mentre scendevo le scale mobili, subito prossimo alla banchina, vidi il treno arrivare, esortai Rita ad aumentare il passo per non perdere quel treno. Non volevo toglier nemmeno un minuto alle visite che ci aspettavano. Feci gli ultimi cinque sei scalini di corsa e mi fiondai verso la porta aperta del vagone più vicino. Con un balzo felino, mi ritrovai nella carrozza, sentii subito chiudere le porte dietro di me. Mi girai per guardare Rita. Era fuori dalle porte, con tutte e due le mani attaccate
al vetro e mi guardava disperata. 
Non era riuscita a tenere il mio passo ed era rimasta fuori. Il treno partì, vidi la disperazione nei suoi occhi, feci solo in tempo a farle segno di aspettare lì.
Guardai se ci fossero comandi nelle vicinanze per fermare il treno, non ne trovai. 
Cominciai a pensare a come fare per ritrovarla.
Certo, dovevo scendere alla prima fermata e tornare indietro. Ma poi pensai che lei potesse aver preso il treno dopo. Non aveva il telefono, non aveva i documenti, non conosceva nulla del posto! 
Scesi dal treno, il tempo non passava mai. Era una stazione enorme, un nodo ferroviario intrinseco di più linee, c’erano più binari e non conoscevo per nulla la direzione del ritorno.
Mi fermai vicino ad un cartellone mappa, per cercare di capire, più leggevo e più mi confondevo.
Il tempo passava inesorabile e cominciai a pregare perché Rita rimanesse al  suo posto.
Salii varie scale mobili, correndo sempre e facendomi spazio tra la folla. Tanti rimproveri mi arrivarono addosso, ma non me ne fregava nulla. Attraversai varie gallerie e ridiscesi di nuovo su diverse scale mobili. Mi ritrovai di nuovo su una banchina ad aspettare il treno. 
Sudato fradicio e sempre più preoccupato. Arrivò quasi subito il treno. Non ero sicuro che andasse nella direzione sperata, ma lo anelavo con tutta la mia volontà.
Il treno rallentò la sua corsa, erano passati quasi venticinque minuti dal momento del distacco da lei. Troppi!
Entrammo nella stazione, il mio sguardo iniziò a scandagliare la banchina opposta alla nostra marcia. 
Eccola!!!
Rita era ferma lì, precisamente dove l’avevo lasciata, nella stessa mattonella.
Scesi dal treno, che partì e lasciò che i nostri sguardi si incrociassero. Scale, corridoi e gallerie si alternarono di nuovo davanti alla mia corsa, fino a quando giunsi da lei, trafelato ma felice come non mai. Ci abbracciammo forte, come la prima volta che ci siamo incontrati. Tienimi forte per mano e non lasciarmi mai più, mi disse a monito.
Dai Rita, la Torre Eiffel ci aspetta entrambi!
Nello Ricciardi

lunedì 2 maggio 2022

LA DECISIONE FINALE

Stamattina non riuscivo a dormire, il caldo mi spingeva fastidiosamente giù dal letto. Una sbirciatina a mezz'occhio all'orologio, mi confermava tristemente la prossimità dell'alba. 
Le cinque del mattino.
Faccio di necessità virtù, raccolgo le mie umili forze e mi avvio in bagno. Inaspettatamente, trovo la bilancia proprio in mezzo al percorso letto/bagno, messa lì nottetempo da qualche buontempone per costringermi a sgraditi incontri.
È da tanto tempo che non davo più confidenza a questo mezzo spietato quanto odiato.
Non ci salgo sopra, ma con un briciolo di orgoglio raccolto, scanso opportunamente l'impietoso strumento, spesso menzognero, mi guardo allo specchio e decido che è giunto il momento. 
Ma solo perché lo voglio io!
Andrò a camminare!
Esco dalla porta, pantaloncini, maglietta di cotone leggera e scarpe idonee a lunghissime camminate. 
Mi fermo sul pianerottolo ad ammirare la natura ancora semi addormentata. Non sento le fastidiose cicale che stanche del frinire del giorno prima rifiatano dormendo tra le foglie.
Tantissimi uccellini cinguettano parlando tra di loro, ne ho contati 237.
Due tortorelle, appollaiate su di un filo della corrente, amoreggiano tubandosi allegramente. Scendo le scale e mi avvio verso la stradina. Sul tetto vicino, un attempato e spelacchiato gatto rosso, memore dei bei tempi che furono, ci prova con una la giovane gatta nera, Giorgia, abbastanza indisposta.
Dopo una iniziale schermaglia a base di miagolii intimidatori, la battagliera gatta,  tira due sberle/zampate sul muso, già malridotto, del gattone rosso, che non avendo altri argomenti, batte mestamente in ritirata.
Riprendo la mia camminata, con l'intento di non farmi più distrarre da nessuno. Comincio subito a sudare, nonostante l'aria fresca.
A metà percorso sento pesantemente la stanchezza fisica e l'acido lattico, accumulato tutto nei polpacci, rende il mio passo, inizialmente arzillo, più pesante di una zampa d'elefante.
Finalmente intravedo la porta di casa. 
Mi getto a pelle di leopardo sulla sedia, respiro affannosamente.
Dopo mezz'ora recupero tutte le mie forze e vado a leggere i dati dell'applicazione utilizzata con il telefono:
Km percorsi: 0,850
Tempo minuti: 64,00
Calorie: 39
Dislivello mt: 4
Analizzo in fretta i dati raccolti e li confronto con la stanchezza accumulata.
Decisione finale.
Per dimagrire, non andrò più a camminare, troppe distrazioni.
Metterò in atto il piano B.
Così ho detto a Rita che, invece di mezzo kilo di pasta, da oggi ne mangerò solo 400 grammi.
Ad maiora!

Gli ultimi giorni di papà.

La vita ti mette continuamente alla prova. 
Crescere, studiare, lavorare, decidere, comprendere, scegliere, aiutare, perdonare, soffrire.
Riesci quasi sempre, talvolta con enorme dispendio, a superare i vari ostacoli, cercando di lenire le eventuali ferite, lasciate sulla pelle,  nel corpo e nell'animo.
Poi, ti ritrovi inerme, di fronte a due occhi stanchi, spenti da sempre, persi nel vuoto incolmabile della sofferenza.
Occhi conosciuti fin da bambino, nell'intimo, che ti hanno spiato, sostenuto, cercato, seppur spesso silenti.
Questo sguardo frusto fa molto male, ti penetra nel profondo, lascia ferite dolorose non rimarginabili. 
Là, dove non puoi intervenire con nessuna medicina.
Nel cuore!

venerdì 11 febbraio 2022

I GRUPPI DI FACEBOOK (Esperienze personali)


Ultimi giorni di agosto 2014, abbiamo lasciato dietro di noi un'estate atipica. Il viaggio è stato gradevole, la voglia di arrivare, di rivedere i miei cari e la mia Terra aveva consapevolmente reso il piede leggermente pesante sull'acceleratore. Il caldo ed il cielo sereno ci aveva accompagnato durante tutto l'attraversamento di Toscana, Umbria e Lazio. 
All'altezza di Capua, una leggera foschia di umidità, ci faceva rendere conto del grande calore a cui andavamo incontro.
Caserta era dietro l'angolo e già a sud si stagliava, imponente in fondo alla pianura Campana, la sagoma di sua maestà il Vesuvio con il fiero scudiero Monte Somma.
Deviamo in direzione Salerno, il piede diventa più pesante ed un leggero brivido adrenalinico mi pervade la schiena.
Rita, alle prese con il telefonino cerca di immortalare sua maestà 'A Muntagna.
Purtroppo proprio attorno al suo profilo più alto si era formata una grossa aureola di calore, con false sembianze di nuvole.
Rita mi pregava di rallentare, ma la voglia di arrivare era sempre più pressante. Alla mia destra, vedevo già i palazzi più alti della città che 54 anni prima mi aveva accolto come figlio, Marigliano.
Inutile raccontare i festeggiamenti di routine di mia mamma e quelli un po' più nascosti di Rosanna, l'eterna sorellina brontolona.
Il telefonino presentava già i numerosi benvenuti da parte di amici del gruppo "non sei di Marigliano se", insieme ai graditi inviti per un caffè o aperitivi.
Non nascondo la voglia di rivedere le persone che già avevo avuto modo di incontrare per la prima volta nel periodo di Pasqua.
In sette giorni di permanenza a Marigliano, non sono mai stato solo. Certo, la precedenza ai miei vecchietti ultraottantenni ed ai miei fratelli. Ma davvero, diversamente dal solito, non siamo mai rimasti soli.
Il modo ed i pretesti, per incontrare questi nuovi amici, sono stati i più svariati ed avvenuti in vari luoghi. Chi poteva ed aveva piacere si faceva trovare per gustare un caffè o sorseggiare un aperitivo, oppure semplicemente una chiacchierata.
Non nascondo la mia emozione provata nei vari incontri, dove si materializzavano, di volta in volta, i volti, fino ad allora virtuali. Nella mia immaginazione, dietro alla tazzina di caffè vedevo le persone allargare lo schermo dello smartphone, uscire dal social ed atterrare li davanti a me.
Ho cercato di carpire, dalle parole, dagli atteggiamenti, la personalità dei miei amici materializzatisi dalla virtualità. A volte, probabilmente ho anche esagerato e messo in difficoltà qualcuno con i miei sguardi insistenti oltremodo ed indagatori.
Solo nella serata in pizzeria, ho capito che potevo davvero mettere da parte le miei iniziali perplessità.
Dopo un iniziale chiacchierio più o meno conoscitorio, l'amico maestro musicista ha iniziato a trasformare il rumore prodotto da semplici stoviglie in ritmi musicali ben noti a tutti. La napoletanità canora di tutti i presenti è straripata e ci siamo ritrovati uniti in un solo coro. 
Non so dire se eravamo intonati, se le parole erano giuste, ma il divertimento che ne è scaturito è stato da dieci.
La serata, proseguita in un altro locale cittadino, consigliato da una espertissima del gruppo ha saputo aggiungere ancora risate e buon umore a tutti.
Quanti straordinari e bei personaggi compongono questo meraviglioso gruppo di amici. Certo, ognuno con il proprio carattere e personalità, ci sono gli zizzaniosi, i buongustai, i parlatori, i silenti, i notturni, i dormiglioni, gli ironici, i ballerini, i cantanti, i tuttologi e anche chi si "inziria (si incapriccia)" per poco.
Quello che domina su tutto, comunque è la voglia di comunicare, di fare nuove amicizie e rinsaldare quelle vecchie, uscendo dalla routine delle quattro mura.
Un gran bel gruppo.
Domenica mattina di settembre, la settimana è passata, è volata. Sto caricando i bagagli in macchina, musiche ad alto volume rompono l'aria (e non solo) del quartiere Pontecitra. Canzoni cosiddette neomelodiche, che purtroppo, hanno soppiantato i grandi brani scritti da illustri poeti e musicisti napoletani del secolo passato.
Attraverso il corso principale della Città, addobbato di luminarie. Poca gente per strada, in questa giornata di festa.
Mi ritrovo in autostrada a guidare pensieroso, quando mi giungono ancora inviti per un caffè. Mi accorgo che sto guidando in un silenzio irreale, Rita mi tiene la mano destra e fissa l'asfalto da dietro i suoi grandi ed immancabili occhiali scuri, a me tanto invisi. Non sopporto gli occhiali da sole, coprono gli occhi e non ti danno l'opportunità di leggere dentro le persone. Io sostengo che parlano più gli occhi della bocca.
Il Vesuvio è dietro di noi, il castello di Cancello alla nostra destra, gli alberi allungano la loro ombra verso di esso.
l massiccio del Matese si avvicina a grande velocità alla nostra destra, la lunga striscia di asfalto si allunga a nord.
Marigliano è ormai lontano, i nostri nuovi amici sono qui, nella nostra mente tutti con noi. Parliamo di loro, uno ad uno. 
Rita inizia a leggere tutti i post bene auguranti per il nostro viaggio, qualcuno ci dedica e suggerisce qualche canzone da ascoltare, poi mi dice: -"Non credevo di trovarmi così a mio agio".
Alla prossima cari amici di "Non sei di Marigliano se".

P.s.: Dopo circa due anni dalla fondazione, il gruppo di Facebook è stato chiuso. 
Purtroppo, quelli che erano gli zizzaniosi e gli inziriosi, hanno preso il sopravvento, facendo diventare ogni fuscello una trave.
Per fortuna non è stato buttato, come si suol dire, il bambino con l'acqua sporca. Un piccolissimo gruppetto, che si può contare una sola volta con le dita delle mani, è rimasto in contatto ancora fino ad oggi, nonostante le restrizioni covid. Il buon senso e l'amicizia schietta e sincera, senza secondi fine,
prevale sempre su tutto. Una cosa però prevale di più su tutte, quella di incontrarci presto in un localino semplice, che piace a tutti noi superstiti del gruppo. "Quand jamm addo a  Ross".