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mercoledì 17 maggio 2023

IL FALEGNAME E LA GUERRA (Il nonno materno)



A Palma Campania, provincia di Terra del Lavoro, una cittadina di circa ottomila abitanti, per lo più dedichi ai lavori della terra e dei suoi raccolti, oltre che la pastorizia, nasce da Giacomo Manzi e Nicoletta Cassese, il primo aprile del 1894 il nostro protagonista, a cui viene imposto lo stesso nome del padre, appunto Giacomo Manzi. Fin da piccolo Giacomino mostra un carattere irrequieto ed irascibile. Costretto dalle magre vicissitudini di natalità, seguirà i dettami della povera famiglia e già in tenera età avviato al duro lavoro nelle campagne e soprattutto nei boschi a procacciare ed a segare legna. Logicamente il diritto a dover mangiare lo privò anche della frequenza scolastica. Rimase così analfabeta a vita. Giacomino frequentava poco il paese, avendo pochissimo tempo libero a disposizione, tutto rubato dal lavoro. Successe che una domenica, durante la messa, cominciò a guardare con attenzione una ragazza che trovava posto nella parte delle donne. Si accorse che i suoi sguardi furono in qualche modo ricambiati e prendendo tutto il coraggio che serviva in quelle occasioni, la aspettò fuori nella piazzetta. Le si avvicinò abbastanza intimorita, perché aveva già sentito parlare di Giacomino e soprattutto del suo caratterino che lo aveva portato spesso a cacciarsi nei guai. Giacomino non aveva un gran fisico aitante, bensì era abbastanza esile, nonostante il duro lavoro e non arrivava al metro e sessanta di statura. Ma Rosa Bonagura, anch’essa di Palma, lo trovava affascinante e volle raggiungerlo.

Cominciarono così a frequentarsi, anche se solo la domenica. Intorno a loro, però, il lento scandire delle giornate tutte uguali e fatte di sacrifici, cominciarono ad arrivare notizie di guerre ai confini della Nazione e di grandi movimentazioni di massa per reclutare i giovani da inviare ad una eventuale possibilità di entrata in guerra, già da un anno circa avviata dai Paesi d’oltralpe.

Fu così che anche a Giacomino arrivò la tanto insperata cartolina precetto. Si presentò al vicino Distretto di Nola, dove si sottopose alle previste visite mediche di rito. Di colorito bruno, con una vistosa cicatrice sulla fronte, di professione falegname, non sa scrivere e non sa leggere, abile a vestire l’uniforme. Così fu scritto sul suo ancora immacolato foglio matricolare. Il sei di aprile del 1914 venne messo in congedo illimitato in attesa di nuovi ordini.

Tornò a casa con la tristezza addosso, non ne voleva sapere di partire per fare il soldato, non voleva lasciare la sua amata Rosa. Doveva fare qualcosa per non rispondere ad una eventuale chiamata che lo avrebbe portato lontano dal sicuro lavoro e soprattutto dai suoi affetti. Nel frattempo a livello nazionale, gli interventisti e gli irredentisti prendevano la meglio e chiedevano al governo, con grandi manifestazioni di massa, di entrare in guerra.

Fu proprio la paura della guerra che lo portò alla decisione di convolare a nozze con la sua amata, sperando in una seguente esenzione dal partire per l’eventuale fronte di guerra. Si sposarono in fretta e furia, senza fronzoli e dichiarazioni, il 24 luglio del 1914. Non avevano la possibilità di avere un loro alloggio, così si sistemarono nella casa dei Bonagura, in attesa di tempi migliori.

Il loro idillio, purtroppo, durò solo una cinquantina di giorni. Arrivò inesorabile, la chiamata a vestire la divisa dell’esercito. Presentarsi il 19 settembre del corrente anno presso la caserma del 27° Reggimento Cavalleggeri dell’Aquila. Non la prese affatto bene, andò dal medico di famiglie per avere una qualche esenzione, minacciando di tagliarsi le dita, andò finanche dal sindaco e dal comandante della locale stazione dei carabinieri. Tutti ovviamente lo esortarono a non cacciarsi nei guai, a lui ed alla giovane moglie. Il suo pensiero chiaramente era Rosa, come avrebbe fatto a mantenersi, data la forte disparità nel salario medio giornaliero, da bracciante contadino a soldato in armi, 7 lire contro appena 90 centesimi.

Non servì a nulla fare il pazzo in casa, nelle strade del paese e fino al distretto militare di Nola. Se non partiva veniva dichiarato disertore! Fu così che, anche se non convinto, suo malgrado, partì lo stesso. Con una tradotta militare, in partenza dallo scalo di Nola prese la direzione dell’Abruzzo. Arrivò in caserma dopo circa dieci ore di viaggio, con i suoi pochi averi e tutte le intenzioni di tornare a casa quanto prima. Venne assegnato alla pulizia delle stalle, dove se non altro recuperava qualche carruba da sgranocchiare oltre il misero rancio giornaliero.

In caserma fece amicizia con un corregionale di Nola, che fortunatamente era riuscito ad arrivare a frequentare la seconda elementare. Si affidò a lui per scrivere e leggere la corrispondenza con la famiglia, ma soprattutto con la consorte. Ormai era rassegnato, pensando di svolgere il servizio di leva e rientrare a casa definitivamente. Aveva però capito che la vita militare non era stata pensata per il suo carattere, libertino e senza regole. Ma se ne fece una ragione.

Purtroppo l’Italia entrò in guerra, dichiarando le ostilità all’Austria-Ungheria, il 24 maggio del 1915. La guerra impose uno sforzo popolare enorme; enormi masse di uomini furono mobilitate sul fronte interno così come sul fronte di battaglia, dove i soldati dovettero adattarsi alla dura vita di trincea, alle privazioni materiali e alla costante minaccia della morte.

Il 17 agosto del 1916 Giacomino verrà aggregato al deposito di allevamento cavalli di Grosseto, nel distaccamento di Cecina. La tranquilla vita della caserma cambiò in poco tempo. Qualche giorno dopo, l’Italia dichiarò guerra anche all’Impero Germanico. Il congedo si allontanò inesorabilmente “sine die”, stante in territorio dichiarato in stato di guerra.

Con l’entrata in guerra si interruppero anche le missive. Quelle poche lettere che si riusciva ad inviare passavano dalla censura e troppo veniva tagliato, da una parte e dall’altra. Per sua fortuna non venne mai inviato al fronte, forse per le scarse competenze operative o forse per il carattere oltremodo difficile di stare con gli altri. Arrivo l’estate del 1917, durante una delle pochissime licenze concesse, decise di non rientrare in caserma.

Suo malgrado, convinto dai soliti rimproveri dei suoi conoscenti, decise di ascoltare tutti e soprattutto Rosa e rientrò al Distaccamento con dodici giorni di ritardo. Fu prontamente dichiarato disertore e denunciato al Comando territoriale di Firenze. Fu accolto con i ferri ai polsi e trattenuto in prigione di rigore, in attesa di disposizioni.

Dopo un breve processo interno, il 14 novembre del 1917 venne messo in prigione, demandando il giudizio finale al Comando Supremo del Corpo d’Armata di Verona. La prigione era dura, fatta di tavolaccio e catene.  Nessuna libertà e morale sotto i piedi!

La sentenza definitiva arrivò il 24 dicembre, alla vigilia di Natale. Pena sospesa, in quanto c’era particolare bisogno di manovalanza nelle stalle, per preparare i cavalli da inviare al fronte, avido di armi, uomini, mezzi e materiali. Intanto, tra le pochissime notizie che gli arrivavano dalla famiglia, ne arrivò una che gli avrebbe cambiato la vita. Rosa era incinta. Sicuramente era accaduto nell’ultimo mese di agosto, che era stato a casa in licenza. Gli convenne così stare buono e tenere a freno gli impulsi più imprevisti.

Riuscì a stare abbastanza tranquillo, con i suoi standard, almeno fino alla data prevista per il parto. A maggio finalmente, dopo un periodo di buona condotta forzata, chiese ed ottenne una licenza, sperando di incontrarsi con il suo primogenito.  Arrivò a casa giusto in tempo per assistere alla nascita di Iolanda, la sua prima figlia, il 24 maggio del 1918. Chiese un prolungamento della licenza, che gli fu concessa, fino al 20 giugno.

Era felice per la bimba e per la moglie, ma lo rattristava ora, ancor di più, dover ripartire, anche perché la guerra continuava senza conoscere una fine vicina. Nei giorni liberi di licenza cercava lavoro a giornata per arrotondare qualche spicciolo occorrente per la famiglia in chiara difficoltà. Arrivò il giorno fatidico del rientro, ma non ce la faceva proprio a staccarsi dalle due donne della sua vita. Anche stavolta dovettero faticare non poco per indurlo a rientrare al Distaccamento di Cecina.

Arrivò quattro giorni dopo il previsto rientro e venne dichiarato per la seconda volta disertore e denunciato al Tribunale di Guerra. Lo accompagnarono di nuovo in prigione in attesa di giudizio. Il 2 agosto del 1918, viene condannato a tre anni di reclusione ordinaria, per diserzione, al pagamento delle spese di giudizio. La pena viene però sospesa per cinque anni.

Il 4 novembre alle ore 15 tutte le operazioni di guerra cessarono e fu proclamata la fine della Grande Guerra. Armando Diaz emanò un bollettino che celebrava, non senza retorica, la vittoria sui "uno dei più potenti eserciti del mondo". Ma voi pensate che a Giacomino importasse qualcosa della vittoria? Lui stava escogitando come fare per andare a Palma Campania dalla sua piccola Iolanda. Ma certo, cominciò a fare il pazzo. Buttava per aria tutto quello che trovava per strada, cominciò ad attaccare lite con tutti per futili motivi. Il Comando decise così di ricoverarlo all’ospedale militare di Roma. Ci rimase dieci giorni e poi fu dimesso con una licenza di convalescenza di quaranta giorni.

Arrivò a casa, sperando di rimanervi sempre. Qualcuno lo ascoltò, perché durante la licenza gli ordinarono di rientrare, al termine della convalescenza, in servizio presso il deposito del Reggimento Cavalleggeri di Nola.  A Nola i giorni passavano veloci e la famiglia era vicina, non aveva più problemi se non quello di dare sostentamento alla famiglia. Qui, finalmente venne posto in congedo illimitato il 15 settembre 1919.

Gli verrà rifiutata la dichiarazione di aver tenuto buona condotta e di aver servito con fedeltà ed onore. Inoltre non gli fu corrisposto il premio di congedamento, ma gli vennero cancellate le pene ricevute, durante il servizio in zona di guerra, ancora da scontare, grazie all’amnistia concessa dal Re Vittorio Emanuele III, per la vittoria.

La legna da tagliare lo aspettava, insieme ad una nuova vita che, intanto, stava per arrivare.

P.S.:  Le date e gli eventi riportati, in questo racconto, sono stati detratti dal Foglio Matricolare di Giacomo Manzi, mentre i fatti di collegamento tra le date sono da me liberamente interpretati.

Aniello Ricciardi

17 maggio 2023