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mercoledì 10 aprile 2024

I FOLLETTI DI GRETA E MARLENE

Il grande e fiorito ciliegio nel giardino di casa Ricciardi allungava i suoi imponenti e lunghi rami maestri, parallelamente al verdissimo sottostante prato, formando una robusta impalcatura che dava supporto ai nodosi rami verticali, da dove dipartivano numerosi virgulti che avrebbero dato, come ormai abituati da tempo, a numerosi frutti rossi, dolci e succosi. La pianta era diventata, in pochissimi anni, imponente facendo spuntare di tanto in tanto, grosse radici, che non riuscendo a penetrare il sottosuolo fortemente argilloso, si propagavano  longitudinali lungo il prato, dove si stagliava la sua stessa ombra.

Quella stessa ombra dove amava passare le giornate calde ed oziose il nostro cane dal pelo corto e nero. 

Tach, così lo avevano chiamato le bambine, le sorelle Greta e Marlene, era stato regalato da una conoscente di Fiumaretta. Pura razza di madre bastarda, anche lui come sua madre non aveva conosciuto il padre e forse nemmeno sua mamma aveva la sicurezza di quale cane potesse essere stato ad ingravidarla. A tutti piaceva e speravano che si rivelasse presto un potente rottweiler, almeno così sembravano le sue caratteristiche da cucciolo,  poi prontamente smentite con la crescita. Zampe grosse ed imponenti, corpo agile, di statura media, un'agilità ed una corsa incredibile, che lo associavano di più ad un levriero, se non ad un canguro sbagliato.

Purtroppo le sue rilassanti dormite sotto la chioma ombrosa, venivano puntualmente interrotte da due dispettosissimi folletti, che proprio su quell'albero amavano passare le loro giornate a giocare ed a rincorrersi.

I due fratellini erano stati assegnati alle due bambine, Greta e Marlene, come da tradizione millenaria a Montemarcello, imposta dalla comunità dei folletti del bosco del Caprione, dove ogni volta che nasceva un nuovo folletto il loro papà avrebbe dovuto piantare un leccio.

Ogni bambino, fino all'età di sei anni aveva il diritto ad essere affiancato da un folletto, maschio o femmina, contrariamente al sesso del bambino. Pertanto come amici delle due bambine erano capitati i fratelli Bedaello e Viciatello.

Non si capiva chi di loro era il più grande, entrambi non più alti di una spanna, di colorito brunastro, occhi grandi e vispi rispetto al viso. Non avevano naso ed orecchie sporgenti, ma solo degli orifizi, bocca molto larga, quanto tutto il viso. Le braccia lunghe e forti, gambe corte e tozze, capelli lunghi, fin quasi alle ginocchia. Vestiti rigorosamente di verde con un cappuccio marrone. Avevano la prerogativa di saper parlare e di capire il linguaggio degli animali, ma con i bambini non riuscivano a dire più di tre lettere di fila, pur comprendendone tutti i discorsi. Amavano solo giocare.

Dormivano riparati in una botola che rimaneva sempre aperta, sotto le scale d'ingresso della casa di Nello e Rita, i genitori delle due bambine. Nello stesso sottoscala accolsero Tach, quando arrivò cucciolo e finirono per dividere l'alloggio facendosi reciproca compagnia.

Quando Greta e Marlene tornavano da scuola, andavano ad aspettarle alla fermata degli autobus, facendo festa e rincorrendole con gioia. Allo stesso tempo, ne approfittavano per incontrare gli altri folletti che erano assegnati a tutti i bambini di Montemarcello. Il risultato era che tutti i bambini per giocare con i folletti lasciavano le mani dei genitori per correre felici con loro, prendendosi tutti i rimbrotti possibili.

Tach ci rimaneva molto male, perché doveva restare da solo a casa ad aspettare. Non gli piaceva affatto questa situazione, pertanto riusciva quasi sempre a trovare un buco nella recinzione oppure a saltarla arrampicandosi a mo' di scimmia, raggiungendo le bambine ed i folletti ed ad unirsi a loro ed a partecipare alle corse spericolate.

Quando riuscivano, si infilavano in casa e mangiavano qualcosa insieme alle ragazze, spesso sporcando dappertutto o le aiutavano nei compiti, soprattutto a fare disegni incomprensibili, consumando e rompendo oltremodo le punte dei pastelli. Naturalmente Nello e Rita non potevano vederli, a loro era precluso, nemmeno potevano ricordare i loro folletti, in quanto dopo i sei anni, i bambini non avrebbero più potuto vederli né ricordarli per tutta la vita. Questo valeva per Rita che era di Montemarcello, Nello era un "foresto" e nel posto da dove proveniva non c'erano folletti, ma solo gnomi, che erano comunque un'altra entità.

Appena potevano, Greta e Marlene, approfittando dell'arrivo delle belle giornate, amavano stare a giocare in giardino, soprattutto sull'altalena doppia, costruita artigianalmente  da Nello, con dei ferrotubi da edilizia. A Tach, a Viciatello ed a Bedaello non piaceva quel gioco, per la loro struttura fisica erano impossibilitati a parteciparvi.

Tach ne approfittava per schiacciare il solito pisolino sotto il vicino limone, ma i folletti che avevano il sangue argentato, non riuscivano a stare fermi. Riuscirono con uno stratagemma a far scendere le ragazze dalle altalene, sfidandole a chi facesse per prima il giro della casa.

Greta aveva sei anni e frequentava la prima elementare, di carattere molto tranquilla, giocosa al punto giusto, senza esagerazioni, dovuto anche alla sua proverbiale flemma, riusciva spesso a stare da sola o con i parenti ed amici, senza sentire troppo il distacco dai genitori. Insomma presentava un carattere molto indipendente. Marlene di tredici mesi più piccola, frequentava il secondo anno della scuola materna. Smilza, scaltra ed iperattiva, amava correre e fare giochi pericolosi. Il suo unico difetto, se così si poteva chiamare era troppo attaccata alla mamma. Non la si poteva lasciare a nessuno dei parenti, diventava un dramma ed allagava la casa di lacrime.

Fecero il primo giro della casa, naturalmente Marlene stava avanti con il suo folletto Bedaello che la guidava incitandola ed urlando a squarciagola, Greta seguiva leggermente distaccata, con Viciatello che cercava di spingerla disperato.

Tach continuava a dormire incurante degli schiamazzi che producevano i quattro scalmanati.

Ogni tanto Rita si affacciava dalla finestra per controllare il buon andamento dei giochi, pregandole, inascoltata di andare più piano.

Al terzo giro Marlene e Bedaello lasciarono un buon distacco alla coppia più lenta, Bedaello ne approfittò per dare una pacca a Tach, che svegliatosi all'improvviso, sbattè la testa al tronco del limone ed iniziò a correre quando passarono Greta e Viciatello. Proprio quando Tach  raggiunse Greta, lei rallentò stremata e nello stesso tempo facendo perno sulla gamba si girò pensando di tornare indietro. Tach, che aveva preso subito una forte accelerazione, trovando l'ostacolo di Greta ferma, non riuscì a schivarla e le piantò la sua zampona all'altezza del femore. 

Le urla di Greta arrivarono subito a Nello e Rita, che corsero fuori.

Greta distesa a terra implorava aiuto, la sua gamba era piegata a novanta gradi in modo anomalo, subito sopra al ginocchio.

I folletti avevano capito il dramma e non ce la fecero a rimanere sul posto, scapparono nella loro casa, convincendo Tach a fare altrettanto.

Marlene piangeva accanto alla sorella. Rita urlava in preda al panico. Nello capì subito l'entità della tragedia.  Secondo lui la gamba era rotta all'altezza del femore e la sua sicurezza appariva tutta dal gonfiore violaceo abnorme che ne era scaturito.

Accorsero anche i nonni, Nello dovette faticare non poco a tenerli lontani senza far toccare la bimba per non compromettere ulteriormente la situazione.

Nello prese una vecchia porta che aveva lasciato dietro la casa, la sistemo più vicino possibile a Greta infilandola lentamente sotto il corpo, cercando di non muoverle di un millimetro. Riuscì a sistemarla sopra senza farla scomporre, assicuratosi che non c'era ulteriore fuoriuscita di sangue interno,  pregò Rita di tenere sopra l'apparente ferita una borsa di ghiaccio.

Con l'aiuto di nonno Aldo, la trasportammo all'auto e poi diritti  al pronto soccorso.

L'ortopedico, che subito la prese a carico, fece i complimenti a Nello per come aveva attrezzato l'intervento, senza toccare mai la gamba e sistemandola su una struttura rigida, evitando contraccolpi e facendo applicare correttamente  il ghiaccio.

L'esito delle radiografie immediate confermarono la frattura del femore. Portarono subito Greta in sala operatoria, dove gli applicarono un ferro da parte a parte del femore, mettendo la gamba in tiro.

Rimase una settimana sul lettino dell'ospedale con i pesi attaccati a tirare la parte da allineare.

Non fu sicuramente una bella settimana, sicuramente Greta la ricorderà per tutta la vita. La mamma rimase sempre con lei, notte e giorno.

Tach e Marlene erano tristi a casa, soprattutto il cane, a cui i folletti avevano spiegato l'accaduto. 

Viciatello riuscì un paio di volte ad infilarsi in macchina di Nello ed a raggiungere Greta in ospedale. Lo si capiva in quanto in quelle rare volte la bambina risultava assente ai genitori continuando però a ridere ed a bisbigliare qualcosa di nascosto.

Greta tornò a casa ingessata dal petto a tutta la gamba ed aveva mantenuto nel gesso il ferro nel femore, inferto in sala operatoria.

Furono giorni atroci per lei, impossibilitata a muoversi e costretta in una posizione anomala ed altamente scomoda. Tuttavia, Viciatello non la lasciò mai, nemmeno quando un mese dopo, aggravato dal gran caldo le venne diagnosticata  la varicella. Il suo corpo si riempì di bollicine e poi di piccole vesciche, il prurito, soprattutto all'interno dell'ingessatura era diventato insopportabile. Viciatello cercava di portarle sollievo anche soffiando, per quello che poteva, all'interno di quel vestito di ovatta e gesso, per portare un minimo di refrigerio.

Bedaello cercava di tenere su con il morale Marlene, non facendole perdere la voglia di giocare.

Il tempo del riposo forzato finì e Greta venne portata in ospedale per controllare l'esito di quella cura statica. Fortunatamente la frattura si calcificò al punto giusto, il ferro le venne tolto, non senza sofferenza.

Tornò a casa per riunirsi ai suoi grandi amici, anche loro in modi diversi scossi da quel brutto episodio. Marlene, Tach, Bedaello e Viciatello si riunirono a Greta e tornarono insieme a giocare spensierati nel loro giardino.

Il sette dicembre di quello stesso anno, Greta festeggiò il suo sesto compleanno. Lo celebrò insieme agli altri in casa, erano tutti felici, tranne Viciatello. Sapeva che il giorno dopo sarebbe dovuto tornare nei boschi del Caprione, nei pressi del suo Leccio piantato apposta per lui.

Non avrebbe potuto più vedere Greta nè lei si sarebbe più ricordata di lui. Questa ere la ferrea regola del popolo dei folletti del Caprione.


Montemarcello 1996

Nello Ricciardi



2 commenti:

Giuseppe Ricciardi ha detto...

Carissimi Nello e Rita....ho letto con molta attenzione la storia di questo, purtroppo evento drammatico. Per fortuna nonostante il grave incidente la cosa si è poi evoluta nei migliori dei casi....chiaramente non senza le difficoltà che si son dovute superare, soprattutto per Greta...Vi abbraccio adesso fortemente come avrei fatto, con grande affetto, anche in quel tragico momento.

Aniello Ricciardi ha detto...

Grazie Peppino per le tue belle e confortevoli parole. Per fortuna quel brutto ricordo è rimasto solo nel cassetto e tutto si è messo a posto.