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La zona del Sannio |
Il primo luogo dove furono sistemati si trovava nella alta valle del Fiume Tammaro. Il primo villaggio costruito, probabilmente prese il nome di Bebio, che sarebbe dovuta diventare la loro capitale.
Un numero consistente di deportati rimase in quelle zone, dividendosi naturalmente più o meno in base alle tribù di appartenenza e di provenienza.
Ma altri, non abituati a rimanere in confini imposti ed a vivere in numerose comunità, cercarono con le proprie famiglie, terre libere da occupare e sfruttare, spingendosi verso il sud, discendendo la naturale valle del fiume Tammaro, fino ad arrivare nei pressi di Beneventum (odierna Benevento, capoluogo del Sannio) e quindi fino ad occupare alcuni territori dell’Irpinia.
IL SECONDO GRUPPO DEI SETTEMILA
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Deportazione via mare |
Gruza, con il suo clan si fermò non lontano da Beneventum, nei pressi della Via Appia. Scelse di costruire la sua prima dimora in una piccola pianura dominata e semi circondata da un promontorio poco più alto di un centinaio di metri del suo pianoro.
Quasi tutti quelli che erano appartenuti alla sua tribù, si fermarono con lui, facendo nascere un piccolo nucleo abitato. Tuttavia, lui ed i suoi uomini mantenevano l’istinto guerriero e proprio non riuscivano a non maneggiare le armi, così, una volta sistemate le famiglie, non avendo nemici da combattere in loco, si arruolarono in gran numero nell’esercito romano, per andare a combattere la terza guerra punica, con la speranza di essere ripagati in assegnazione di benefici e terre da coltivare.
Durante gli anni di assenza dei loro compagni guerrieri, le donne con i bambini si dedicarono chi al lavoro della terra e chi alla pastorizia ed allevamento di bestiame. In particolare Igiul, insieme alla mamma, in poco tempo misero insieme un certo numero di capi di armento. Igiul fin dalla tenera età imparò anche a macellare i suoi capi di bestiame, instaurando un proficuo commercio con le famiglie sannite e romane che condividevano con loro quel territorio.
Quando ritornarono dalla guerra, gli uomini apuani, trovarono la maggior parte delle famiglie ormai adattate alla vita in quel nuovo territorio, anche loro finirono per accettare quello stile di vita e col tempo finirono con il perdere la loro indole guerriera, iniziando a costruire piccoli villaggi di vita comune.
LA TABULA ALIMENTARIA DI TRAIANO
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Tabula alimentaria |
Questa lastra, “Tabula Alimentaria di Traiano” fu trovata per caso, alla fine dell’ottocento, nel giardino di un privato a Macchia di Circello (probabile antica Bebio), nell’alto Sannio. La preziosa tavola è conservata presso il Museo nazionale di Roma.
I territori al nord, dei Liguri-Apuani rimasti nel frattempo vuoti, furono occupati da nuovi coloni, provenienti dall’esercito romano, soprattutto mercenari e collaboranti, pronti a formare famiglie ed a dedicarsi al lavoro dei campi ed alla manutenzione del territorio, di conseguenza a pagare nuove tasse all’Impero Romano. La nascente Lunigiana. Questi nuovi abitanti, ormai non più votati alla guerra, si integrarono presto con i pochi liguri-apuani superstiti locali, ripopolando le pianure e le montagne. Pertanto, in Lunigiana e nel Sannio, nuove popolazioni si adattarono e prosperarono per circa due millenni.
LE BATTERIE MILITARI DEL CAPRIONE
All’inizio del 1900, nella località di Punta Bianca, presso Ameglia, fu costruita la batteria anti nave Dante De Lutti, armata con due cannoni di grosso calibro 152/45 ed un pezzo illuminante da 120/40. Invece a Montemarcello fu completata la Batteria Chiodo, armata con quattro obici da 280mm.. Nel territorio circostante le due batterie c’erano delle piazzole con armi antiaereo a difesa dei grossi pezzi antinave. Nell’area dell’attuale parcheggio a Montemarcello, vennero costruiti, dal genio militare, dei manufatti adibiti a caserme, per alloggio del personale militare, refettori e cucine per la logistica.
Il personale impiegato nelle rispettive batterie, apparteneva alla Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale nella specialità di Artiglieria Marittima, che utilizzava ed addestrava il proprio personale all’utilizzo delle batterie per la difesa costiera del territorio italiano. Questi militari volontari, chiamati camice nere per l’indumento che indossavano come divisa, erano alle dipendenze della Regia Marina.
A Montemarcello fino a poco prima dell’inizio della seconda guerra mondiale, la Batteria Chiodo fu utilizzata come scuola di artiglieria. Nel 1940 la MVSN diventò MILMART, (Milizia di artiglieria marittima).
A SAN MARTINO SANNITA NASCE LUIGI LEGGIERO
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San Martino Sannitico |
La posizione era strategicamente ottima per svolgere tutte le attività commerciali e soprattutto per quelle alimentari. Quando Gino, così veniva chiamato amorevolmente, l’ultimo rampollo della famiglia di macellai, arrivò a finire la scuola dell’obbligo, non ne volle proprio sapere di continuare gli studi e protetto dal fatto che fosse il più piccolo, riuscì anche a stare lontano dai compiti essenziali nell’aiutare la famiglia con il lavoro. Insomma gli piaceva la bella vita e si trastullava nel dolce far niente.
Per la verità aveva scoperto, per caso, un’attività che gli piacque subito a prima vista. Quel gruppo di ragazzi, tutti sporchi di fango che correvano dietro, fino a contenderla, una palla ovale, lo fece innamorare. Non perse tempo e si buttò nella mischia, di nome e di fatto.
Purtroppo, però quel tipo di sport, il rugby, non era ancora catalogato in nessun campionato o federazione, almeno nel Sannio. Ma a loro non importava. Continuavano a giocare ed a correre nei campi improvvisati e rubati alle colture, sempre pieni di fango e di insidie. Poche regole e tanto rispetto, nonostante le botte ed i colpi presi in campo. Ma questa attività non poté durare a lungo, Gino riceveva giornalmente continui richiami all’ordine, imposti dai genitori, che lo invitavano ad una più partecipata vita familiare.
GINO PARTE PER IL SERVIZIO DI LEVA
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Luigi Leggiero marinaio |
Fu così che, arrivato alla soglia dei vent’anni, pur potendo usufruire del congedo illimitato, in quanto quinto figlio maschio, decise di non avvalersi di questa opportunità e scelse di rispondere alla chiamata per il servizio militare di leva. Nel 1937 fu chiamato a svolgere il servizio nelle file del C.R.E.M. (Corpo Regi Equipaggi Marina) ed inviato a far servizio presso il “Battaglione Artiglieria Costiera del Golfo Della Spezia” e quindi assegnato alla Batteria Dante De Lutti a Punta Bianca sita nel comune di Ameglia (SP).
Dopo due anni di permanenza presso la batteria De Lutti, quando ormai era vicino il momento del congedo, l’Italia entrò in guerra e quindi tutti i militari furono trattenuti in servizio, sine die (senza conoscere la data del congedo).
Con lo scoppio della guerra, entrambe le batterie vennero modernizzate e potenziate. I marinai ed il personale della MILMART cominciarono a fare sul serio ed i tempi di franchigia vennero ridotti drasticamente.
GINO CONOSCE LEDA
Gino ebbe amore e pietà allo stesso tempo, per questa donna e se ne innamorò fin da subito. Luigi Leggiero e Leda Domenichini, si sposarono nel 1942, in piena seconda guerra mondiale.
Un anno dopo arrivò nella neo famiglia costituita il primo figlio, Francesco Abramo (meglio conosciuto come Franco).
Nello stesso anno l’otto settembre Badoglio firmò l’armistizio per l’Italia. La maggior parte dei soldati italiani rimasero sbandati alla notizia, non sapendo più da chi ricevere ordini. Le due Batterie vennero assunte ed utilizzate dai soldati tedeschi che le fortificarono, per proteggere la nascente linea Gotica nell’alta Toscana, che aveva l’intento di fermare o comunque rallentare l’avanzata dei nuovi alleati italiani. Tuttavia i tedeschi, ormai in gran numero a Montemarcello, non furono mai violenti nei confronti della popolazione montemarcellese. Anzi, non disdegnavano, nel tempo libero di frequentare l’osteria e spesso venivano accompagnati la sera, molto allegri e barcollanti in caserma.
Le Batterie e tutte le contraeree attorno a guardia dei cannoni, davano molto fastidio alle truppe alleate che cercavano di sfondare la linea gotica. Gli americani e gli inglesi cercarono in tutti i modi di bombardare, per rendere inutilizzabili, le due grandi postazioni, ma con scarsi risultati.
IL TRISTE GIORNO DI MONTEMARCELLO 13/12/1944
Si arrivò cosi ad un triste giorno per il paese e la sua popolazione. Il 13 dicembre 1944, alcuni bombardieri, nell’intento di colpire la Batteria Chiodo e la De Lutti, sganciarono una bomba che cadde proprio al centro del borgo di Montemarcello. Il centro del paese fu distrutto, la popolazione tutta si mise a scavare per trovare eventuali superstiti. Alla fine contarono 47 morti civili. Nei giorni che seguirono il tragico evento, i paesani si rifugiarono verso i monti di Zanego e Tellaro. Occuparono tutti i rifugi possibili, quasi tutte casette di campagna, per lo più ruderi. Era dicembre e soffrirono tanto freddo e fame. Luigi, Leda ed il piccolo Franco ripararono a Tellaro presso parenti.
Ma anche questa fase tristissima della vita passò, lasciando un ricordo incancellabile nella mente. Ad aprile del quarantacinque la linea Gotica fu sfondata da parte degli alleati. I tedeschi si misero in fuga verso nord, non prima di lasciare distruzione dietro di loro. Ad essere demolite furono tutte le strutture delle caserme a Montemarcello, non rimase più nulla, solo masse di detriti.
Il ritorno alla normalità portò sacrifici e povertà da parte di tutti. Per fortuna Luigi venne assunto nelle maestranze dell’Arsenale della Spezia e la vita riprese con più fiducia. Nel 1957, quando Franco aveva quattordici anni arrivò in famiglia anche una sorellina, Donatella.
Gino ha sempre partecipato attivamente alle attività del paese mettendo a disposizione il suo buon umore, la simpatia e la sua gentilezza innata e profondendo il suo amore per questo territorio. Se non fosse stato per la sua inflessione dialettale tipicamente campana, non sembrava per niente, caratterialmente, diverso dai Montemarcellesi.
LA FORZA DEL DESTINO
Leda Domenichini se ne andò da questo mondo nel 1985. Gino rimase da solo in casa, con i due figli ed i quattro nipoti a coccolarlo. Luigi (Gino) Leggiero se ne andò dal Caprione, dal suo Sannio e da questo mondo nel 1994.
Poco tempo dopo, si racconta che in una calda giornata di primavera, in una delle tipiche formazioni della Caligo che aveva come al solito abbracciato il Caprione dal mare, alcuni abitanti del paese, che si trovavano nei pressi del cimitero di Montemarcello, videro danzare ad altezza d’uomo, due fiammelle libere, a similitudine di “fuochi fauti” (Secondo il folclore popolare, i fuochi fatui rappresentano le anime dei morti, che vagano fino a quando arriva il momento di essere liberati per l’aldilà). Le due fiammelle sparirono dalla loro vista quasi danzando, procedendo in direzione Bavognano. Nello stesso momento, un contadino giurò di aver visto tre di queste fiammelle, proprio nella località di Bavognano. Anche queste tre fiammelle si allontanarono fluttuando andando in direzione sud. Nella stessa giornata, alla stessa ora, altre persone che si trovavano sul belvedere di Punta Corvo ad assistere dall’alto la densa Caligo, osservarono quattro fiammelle uguali, danzare nei pressi della Punta del Crò. Le quattro fiammelle, prima che la Caligo sparisse, sprofondarono giù verso il mare, infilandosi dentro di essa. Le videro poi, immediatamente uscire dalla grande foschia densa e bianca, velocemente dirette verso il cielo sereno oltremodo, dove scomparvero per sempre.
Una ricerca recente, ha confrontato il DNA di alcuni abitanti della Lunigiana e dell’area Apuana, confrontandolo con le popolazioni del Sannio. La ricerca ha messo in evidenza delle affinità sui geni del cromosoma “Y”. Gli individui liguri hanno un marcatore che non esiste nel sud Italia, ma che ha un picco molto alto nelle zone dove furono deportati i Liguri-Apuani.
Il destino, purtroppo, non lo si trova scritto da nessuna parte.
Montemarcello, marzo 2024
Nello Ricciardi
PRIMA PARTE:
https://nelloricciardi.blogspot.com/2024/02/i-sengauni-antico-popolo-ligure-apuano.html
SECONDA PARTE:
https://nelloricciardi.blogspot.com/2024/03/montemarcello.html