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mercoledì 2 marzo 2016

IL VECCHIO TRENO


Un palo di ferro, con una specie di elica alla sommità, ad ogni quarto di giro, la pala spostava un martelletto di ferro che picchiava sonoramente su di una campana di bronzo. 
Il  suono che ne scaturiva si udiva un paio di centinaia di metri lontano, in entrambi i lati di Corso Vittorio Emanuele. I pedoni in ritardo affrettavano di gran lena il passo, i conducenti dei mezzi motorizzati pigiavano forte sul pedale dell'acceleratore ed i ciclisti si esibivano in volate di chiaro richiamo sportivo.
L'arrivo del treno della Circumvesuviana, per Baiano o per Napoli era ormai imminente. Qualche ciclista, ardito ed incauto, si chinava per passare sotto le sbarre già  parallele al piano stradale, richiamati con veemenza dal guardiano del varco. 
Il guardiano, ma ricordo bene anche una guardiana,  aveva in mano una bandierina rossa montata su un semplice paletto di legno. 
Spesso l'ho ricevuto in testa quando volevo insinuarmi nel cancelletto del passaggio pedonale, ma come me penso in tanti hanno assaggiato il duro manico  della bandierina. Ricordo le immancabili corse e relative resse per fare i biglietti. 
Allora i tikets erano di cartone duro ed uscivano da una macchina infernale a vederla oggi, ma ultramoderna per quei tempi. Se si faceva in tempo, si comprava un giornale dal chioschetto di fianco alla biglietteria, vicino ai due grossi platani. 
Qualche minuto prima che il treno arrivasse in stazione, si udiva lo sferragliare lontano, seguito dal tipico fischio prolungato. 
Sono sempre rimasto affascinato dagli occhioni che si vedevano spuntare dalla curva verso via Forno Vecchio. I due grossi e concentrici fari appoggiati sul muso della carrozza, che presentava tre grossi finestroni trasparenti, dove dietro si intravedeva una figura ritta, di blu vestita che armeggiava ai comandi, il conduttore. 
Lo stridore dei ceppi che stringevano sulle ruote per fermare il treno era una fiocinata per i timpani. Il fumo che ne scaturiva lasciava un odore acre e pungente. Le carrozze di rosso mattone, adornate da grossi finestroni color panna. 
Spesso la gente scendeva prima della completa fermata del treno, per la totale mancanza di chiusure di sicurezza. 
L'entrata in carrozza non risultava semplice, per la presenza di due grosse pedane fisse e sporgenti. L'interno lo ricordo in stile rinascimentale. 
I sedili in legno, le plafoniere e le tendine, che ricordava vagamente un disegno, oserei definire, rococò. 
Ora mi dicono che i treni della circumvesuviana non hanno più la vecchia puntualità  e spesso le corse vengono annullate, creando disservizi. 
Purtroppo il motivo non è solo riconducibile allo spostamento della linea ferroviaria, rialzata e decentrata, bensì per motivi di cattiva gestione e per la massiccia presenza di "portoghesi".
Il progresso a volte può diventare regresso.
Nello Ricciardi


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