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mercoledì 2 marzo 2016

LA PRIMA COTTA


La seconda "D" della scuola media Antonio Pacinotti di Marigliano, era considerata una bella classe. Mi piaceva molto stare con i miei compagni di scuola, sia maschi che femmine. Avevo instaurato una buona e sana amicizia con tutti. La classe era anche abbastanza equilibrata, sia nel profitto che nel comportamento.
Quasi tutti i ragazzi venivano, per la maggior parte dal quartiere San Vito, ma anche dalla vicina frazione Miuli, fino a completare con i residenti di corso Vittorio Emanuele.
Una buona parte della mia classe proveniva, in continuità, dalle stesse scuole elementari da me frequentate.
Le giornate a scuola scorrevano normalmente, alternando le ore di lezioni alle pause più o meno lunghe della ricreazione, trascorse per la maggior parte nell’ampio piazzale brecciolato di proprietà della famiglia Buono.
Durante la ricreazione mattinale più lunga, quella centrale, spesso mi fermavo a guardare i due enormi mastini napoletani, chiusi dietro la recinzione sul limite del piazzale. Belli, mastodontici ma con una faccia da teneroni. Quel loro muso da eterni cuccioloni e gli occhi sempre languidi nascondevano una forza prorompente. Tante ragazze avevano paura di quegli animali e se ne stavano prudentemente alla larga.
Fu proprio durante una di queste soste che un amico di gioco di un anno più piccolo, che frequentava la prima media nella sezione E, accanto alla nostra classe, mi portò un bigliettino ripiegato in quattro parti.
Antonio, nel pormi il biglietto, mi indicò una ragazzina della sua classe, che nello stesso momento, di soppiatto guardava verso di noi. “La conosci Erminia ?” “No,” gli risposi.
“Ti manda questo bigliettino ed ha detto che le piaci”!
Credo che il colorito che assunsi non potesse trovare indicazione per essere definito. Non sapevo dove girarmi o guardare, in qualsiasi direzione, ma non verso lo sguardo interrogante della ragazza. La testa mi pulsava e sentii un lungo brivido attraversarmi rapidamente il corpo dalla testa ai piedi. Dopo molti anni scoprii che si chiamava scossa di adrenalina.
Mi diressi velocemente verso i bagni, situati sul lato quasi opposto del piazzale. Non guardai mai verso il gruppetto dove stazionava Erminia. Entrai nel gabinetto degli uomini e mi accorsi fortunatamente di non aver sbagliato porta. Tirai un profondo sospiro di sollievo, ma ne ricevetti in cambio un cattivo olezzo. Avevo le mani sudate, aprii il bigliettino sperando di non leggere quello che pensavo. “Tu mi piaci, ci vogliamo conoscere? Consegna ad Antonio la tua risposta”. Cuoricini colorati e vari disegnini incorniciavano simpaticamente questa frase, scritta con due colori diversi.
Assorto nei mille pensieri e su quello che avrei dovuto fare non mi accorsi della campanella che avvisava di tornare in classe. Sentii sulla porta socchiusa bussare furiosamente il bidello che mi esortava a tornare alle lezioni.
Delle tre ore successive passate in aula non ricordo assolutamente nulla, non partecipai nemmeno alle altre mini pause a seguire. Rimasi incollato alla sedia in classe a rimuginare sul da farsi, avevo paura ad uscire dalla scuola per andare a casa. 
Avevo le farfalle nello stomaco.
Fortunatamente il tutto successe di sabato. 
Avevo una giornata davanti per assimilare quanto mi stava accadendo. 
Mi accorsi a casa che cominciavo a stare di più davanti allo specchio, cominciai a scrutarmi con attenzione il viso per riuscire a vedere eventuali primizie di peluria al posto degli orribili ed immancabili punti neri che la facevano da padrone. Cercavo nuove soluzioni alla pettinatura, provavo davanti allo specchio le varie faccette alla Barbara D’Urso, mi allontanavo e mi avvicinavo allo specchio per controllare le posture e l’andatura. Non so dire se stavo diventando un uomo, intanto ero diventato uno scemo!
Per la prima volta in vita mia presi atto del mio corpo che cambiava, inconsapevolmente stava nascendo in me un nuovo sentimento sconosciuto, che provocava allo stesso tempo desiderio e scombussolamento fisico e mentale. Presi in mano il catalogo patinato di Postalmarket, per noi ragazzi degli anni 60/70 era il primo giornale porno consentito, soprattutto nella parte dell’abbigliamento intimo femminile. Cercavo di trovare tra le tantissime modelle una parvenza di Erminia. Sinceramente la trovai in quasi tutte le figure e le posture, erano tutte belle ed attraenti, decisi che anche lei lo fosse. Mi sembrava di conoscerla da sempre.
Perché nessuno mi aveva mai spiegato come funzionavano queste cose? Perché era capitato proprio a me? 
Mi calai nei panni da uomo navigato, presi un foglietto e mi apprestai alla risposta, che non doveva assolutamente mancare. Cominciai con disegnare gli stessi cuoricini e altre forme di vario colore, poi mi accorsi di aver esagerato con i cuoricini, troppo segno di affetto. Lo strappai e ne presi un altro, disegnai solo forme, eliminando per il momento i cuoricini, non volevo sembrare troppo cupidoso. 
Difficile fu trovare una frase che si incastrasse bene nel contesto e che non avrebbe dato segni di passione sfrenata troppo anticipata. Volevo tenere l’approccio sull’amore platonico.
“Anche tu mi piaci, certo ci potremmo anche conoscere, con calma però, io mi chiamo Nello”.
Mi sembrava una frase abbastanza soft da uomo sensato e con la testa sulle spalle, seppur momentaneamente in brodo di giuggiole.
Il lunedì seguente consegnai il bigliettino, piegato in quattro ad Antonio, pregandolo di consegnarlo ad Erminia.
La risposta al bigliettino non tardò a venire. 
In mezzo ad una selva di cuoricini e freccette colorate varie spiccava a caratteri cubitali, “TI AMO”.
Quell’epistolario condotto dal buon Antonio, che si prestava divertito quale postino, durò per qualche settimana. Persi il conteggio dei bigliettini che andarono avanti e indietro dalla seconda D alla prima E. Purtroppo insieme al conteggio persi pure l’attenzione per alcune lezioni, tanto da rimediare qualche insolito brutto voto.
In tutto questo tempo, seppur le frasi diventavano sempre più mirate ed il mio modo di essere e di vestire più curato, cominciai anche a rubare a mio fratello Giacomo la crema antiacne, ma non trovai mai il coraggio di parlarle da vicino. 
Avevo sempre una scusa per non uscire dall’aula per la ricreazione e di essere sempre l’ultimo ad uscire a fine giornata. Non perdevo però mai occasione per guardarla attraverso la finestra che dava verso la strada, mentre saliva sul bus per Miuli, era veramente bella, probabilmente più alta di me, con i capelli mori lunghissimi, molto ondulati ed aveva un bel portamento.
Me la sognavo tutte le notti ed al mattino mi ripromettevo di rompere il ghiaccio. Purtroppo il ghiaccio stava diventando un vero ghiacciaio da oltre i quattromila metri in quota, troppo duro ormai da scalfire. 
Maledetta timidezza.
Un giorno uscimmo prima da scuola per uno sciopero dei professori. Me ne andai con i miei amici nelle palazzine INA CASA, vicino alla vesuviana, a giocare a pallone. Mentre tornavo a casa vidi seduta sul muretto Erminia, da sola, che aspettava l’autobus. 
“Muble muble,” la testa cominciò a partire da sola, per pensare a cosa fare, “torno indietro, vado avanti e l’affronto?” Ma perché devo avere timore quando continuiamo ad amarci, seppur per iscritto”?
Arrivai davanti a lei, mi guardava sorridente mostrando una bella fila di denti bianchissimi. Mi sentivo impacciato come un salame che non sa stare in piedi da solo.
“Ciao Erminia, sono Nello”, le dissi allungando la mano cadente e tremante.
“Si lo so chi sei”, mi rispose beffarda e sicura.
Dalla mia bocca, con voce bianca e balbuziente mi uscì “Ti vuoi fidanzare con me?” Sentii avvamparmi ed ebbi la sensazione che i capelli si fossero rizzati a mo’ di porcospino.
“No”!  
Fu la sua risposta chiara ed univoca, che non lasciava trasparire alcun dubbio, alcuna chance. 
Io, muto. Le mie gambe malferme si girarono di scatto in direzione opposta verso la chiesa di San Vito. Ferito moralmente e sconfitto nell’onore, m’incamminai solerte verso casa. 
Non mi girai mai indietro, desideravo solo sparire. 
Nei giorni a seguire, a scuola, non arrivò mai più nessun bigliettino, nè chiesi notizie al postino. La mia vita riprese il suo corso tranquillo, incurante dei punti neri, della pettinatura, delle posture e delle andature, fino alla promozione in terza D.
Non penso che quello fu vero amore, ma fu comunque una grande cotta di emozione!
Marigliano 1973/74

Nello RICCIARDI






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