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mercoledì 2 marzo 2016

LA DOMENICA DEGLI ANNI 70


La domenica negli anni settanta era diversa. 
Diversa nell’umore, nelle attività, negli orari, nei profumi, nella musicalità, nei ritmi. Quelle domeniche, nella Marigliano degli inizi anni settanta, erano scandite da abitudini ben consolidate e molto simili in quasi tutte le famiglie dei miei amici di San Vito. Abitudini dettate dai pochi mezzi a disposizione, siano essi di locomozione, che di socializzazione, leggasi auto, moto e social network. Questi ultimi, invece, condizionano molto ed in modo totalmente diverso i ragazzi di oggi.
Il risveglio, contrariamente ai giorni non festivi, era sempre in mattinata inoltrata. Erano principalmente due i motivi scatenanti del risveglio, il profumo del ragù di carne, che riempiva di un aroma unico l’intera casa. Quell’odore magico, si insinuava maldestro e provocatore attraverso le narici, fino ad arrivare alla soglia dello stomaco. La voce del conduttore radiofonico Johnny Dorelli, insieme ad i suoi allegri ospiti, dettavano il ritmo del vociare, durante la quotidiana trasmissione su radio due, che scaturiva dalla sala A di via Asiago, era il “Gran Varietà”, che mi faceva capire che forse era meglio accelerare le operazioni di discesa dal letto.
“‘O raù”, come si dice in napoletano, “peppeiava” nella casseruola solo la domenica mattina. Era un vero avvenimento. Quel profumo sublime e tentatore mi incantava fino ad inebriarmi. Come un automa mi alzavo del letto, ancora mezzo assonnato, ed andavo diritto e deciso a tagliare un pezzo di pane casareccio vicino al bordo (il cuzzitiello). Anche con gli occhi chiusi, riuscivo a dirigere verso la casseruola che “speppetteava”, alzavo il coperchio ed affondavo il pezzo di pane dentro il sugo, fino ad affogarlo tutto.
Che sublime bontà quel manicaretto, così misero ma così altamente paradisiaco nel gusto.
Un’esplosione di sapore si diffondeva tra le papille gustative che trasmettevano a discesa a tutto il corpo una sensazione di benessere infinito.
Bastava quello per colazione, anche perché come al solito, nel frattempo, si era già fatto tardi per la messa. Il tempo di raccogliere al volo il sacchetto di plastica contenente gli indumenti e le scarpette per andare a giocare a pallone e mi fiondavo giù dalle scale per raggiungere la vicina chiesa dei frati francescani.
All’ingresso trovavamo puntualmente padre Mario che ci rifilava la solita cordonata e ci incitava a far presto per prendere i posti davanti.
La comunità dei frati francescana è stata determinante per la mia crescita e per tutti i ragazzi di San Vito. Siamo cresciuti, nell’oratorio, nella chiesa e nel campo di calcio annesso al convento.
Ho avuto modo di fare esperienze di crescita negli araldini e nell’Agesci come lupetto, poi ancora scout ed ancora Gifra.
Dopo la messa, tutti i ragazzi si andava al campetto per disputare i vari tornei, organizzati dall’instancabile Carmine Piccolo, sotto la supervisione di Padre Tarcisio.
Carmine era la nostra guida, il nostro fratello maggiore, sempre disponibile per tutto e tutti, aveva anche preso il patentino da arbitro FIGC per poter meglio dirigere le nostre partite di calcio.
Ritornavo a casa affamato, giusto il tempo di collaborare a spezzare a mano gli ziti. Una pasta tipica del napoletano, lunga e tonda bucata, come fine candele. Era la pasta adatta per il ragù.
Un bel piattone di pasta ed il pezzo di carne ammorbidito nel sugo era il classico pranzo domenicale, si chiudeva con un piatto di lattuga.
Nel primo pomeriggio si assisteva all’immancabile preparazione, da parte di mio padre, della postazione radio per seguire “tutto il calcio minuto per minuto”. Essendo mio padre ipovedente, segnava a caratteri enormi, su di un foglio di carta o cartone, in sequenza le partite, allo scopo di segnare con il classico 1X2 i vari risultati.
Quando il mitico conduttore Roberto Bortoluzzi iniziava la trasmissione doveva calare il silenzio in casa. La radio diffondeva le voci al massimo del suo volume. Un leggero pathos però si accendeva in tutti noi quando la parola veniva data ad Emanuele Giacoia, incontrastato commentatore del Napoli di allora.
Il Napoli, chiaramente, era la squadra a cui tutti noi facevamo riferimento.
Nel tardo pomeriggio, al termine delle partite in diretta, iniziavano i commenti più o meno accesi, dove prendeva parte tutto il vicinato. Si formano i gruppetti a discutere, più o meno animatamente sui risultati e gli avvenimenti delle partite. Inutile dire che la schedina, puntualmente giocata ogni settimana da mio padre, risultava sempre in difetto di pochi punti per arrivare al dodici o al milionario tredici.
Volevamo quasi cancellare quel breve periodo di tempo che separava il termine delle partite alla sigla che annunciava finalmente “Novantesimo minuto”. La voce di Paolo Valenti zittiva tutti, non c’erano più discussioni. Finalmente si potevano vedere le prime immagini televisive delle partite. Ogni campo aveva il suo conduttore assegnato. A Napoli ci deliziava Luigi Necco.
Il ritrovo serale, per tutti i miei amici era la Madonnina di San Vito.
Tutti vestiti con gli abiti della festa, si decideva come passare la serata. Di solito la prima scelta era il cinema. A Marigliano c’erano due cinema, il Vittoria e l’Italia. Ma spesso questa prima scelta veniva messa da parte perché non tutti avevano i soldi per il cinema. Quindi si optava per le classiche “vasche” al centro. Si partiva tutti in gruppo, talvolta anche una decina di ragazzi, si percorreva tutto il corso fino al centro e qui si iniziavano le vasche. Praticamente si percorreva tutto il corso principale, avanti ed indietro, fino ad esaurimento delle stupidaggini da dire o da fare.
A quei tempi, si vedevano in giro pochissime ragazze e quelle poche temerarie che decidevano di uscire a passeggiare, venivano praticamente bersagliate da battutine più o meno stupide, seguite da risate a squarciagola altrettanto ebetine. Le ragazze, ovviamente proseguivano la loro strada impettite come soldatini, senza colpo ferire, nella loro naturale fierezza, ma ogni tanto, qualche sorrisino ammiccante scaturiva anche, per lo più da qualcuna un po’ meno vanitosa.
Le sere passavano velocissime e ci si ritrovava a far le corse per arrivare in tempo a casa per la cena, che di solito era molto tardi.
Si correva per la strada del ritorno, senza disdegnare di suonare a qualche campanello ed aumentare ancor di più l’andatura. 
Chi non lo ha fatto almeno una volta nelle vita!
La famosissima sigla, del programma sportivo della domenica sera, appunto “La domenica sportiva”, si diffondeva dalle porte e finestre delle case. Ma, puntuali come orologi svizzeri, entravamo in casa contemporaneamente all’esordire del conduttore, Alfredo Pigna.
Giusto il tempo di riscaldarsi un po’ di ziti al ragù, avanzati a mezzogiorno, per gustarseli davanti alla tv, pronti ad ascoltare i commenti ed a vedere quell’aggeggio diabolico, appena inventato per scoprire gli errori degli arbitri. La moviola di Sassi, Pizzul e Vitaletti.
La domenica sportiva finiva sempre troppo tardi, per avere il tempo di ripassare qualcosa per la scuola.
Eh si, le domeniche degli anni settanta erano sicuramente diverse.
Marigliano 1970/74
Nello RICCIARDI


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