
Rita chiamò il medico che mi consigliò subito
un'indagine approfondita urgente seguita da una visita specialistica.
Mi preoccupai subito di chiamare la segreteria
del gruppo scuole al Varignano, dove stavo frequentando un corso di
specializzazione avanzato.
La diagnosi fu subito chiara, Ernie discale
L4/L5 quasi espulsa dalla sede che comprimeva dolorosamente le radici nervose
che innervavano appunto la gamba destra.
L'ortopedico mi disse che era da operare, ma
non subito, prima dovevo sottopormi a varie terapie abbastanza intensive.
Il mio comando mi mandò a visita di routine
presso l'ospedale militare, dove ne uscii con un certificato che non mi
lasciava scampo.
"Idoneo al servizio Marina Militare,
idoneo alla categoria Incursori, da escludere dai lanci para e dalle
immersioni".
Se mi avessero fucilato sul posto sarei stato
più contento. Questo provvedimento mi toglieva per sempre la possibilità di
poter continuare a fare quello per cui mi ero sacrificato negli ultimi sei anni
e che mi piaceva più di ogni altra cosa. Voleva dire uscire fuori dal Reparto
Operativo Incursori. Voleva dire che dovevo cambiare vita!
Avevo il morale a pezzi, oltre al dolore
fisico, ormai passato in secondo piano. Purtroppo il mio comando di allora
decise di non venirmi incontro e decise di disfarsi di me in breve tempo. Non
mi fu data nessuna chance. Addirittura qualcuno si sentì in diritto di
offendermi gravemente, asserendo qualche mia sceneggiata di troppo e la
possibilità di fingere per cambiare aria volontariamente giocando carte false.
Chiaramente non era così, infatti un anno dopo mi ritrovai in sala operatoria
per sottopormi all'intervento preannunciato. A nulla valsero tutte le terapie
messe in atto, iniezioni varie, chiroterapia, massoterapie, la disperazione mi
portò anche da un certo santone della zona, che mi applicò oli ed unguenti
ritenuti miracolosi e mi imponeva le sue mani millantate per radioattive.
L'unico sollievo che mi fu apportato lo ravvisò il mio portafoglio,
pesantemente alleggerito.
Mi trasferirono presso Santa Maria, la Base di
fronte al Varignano, dove allora era operativa la scuola S.D.I. (Scuola Difesa
Installazioni). In quella struttura, comunque subordinata al comando del
Comsubin (Comando Subacquei ed Incursori), si formava il personale addetto alla
difesa delle Basi della Marina Militare.
Il personale istruttore era formato tutto da
Incursori momentaneamente o per sempre non idonei . Logicamente conoscevo tutti
e fui accolto nel migliore dei modi.
Ma il lavoro da istruttore, seppur
interessante, non mi piaceva, non lo ritenevo a me confacente, lo ritenevo
monotono. Circa ogni quaranta giorni finiva un corso e ne iniziava un altro.
Sempre uguale, cambiavano solo i frequentatori.
Mi ritrovavo inesorabilmente a girare lo sguardo triste in direzione del Varignano
e pensavo costantemente al reparto che avevo lasciato.
I giorni scorrevano uguali e lunghissimi, ma
quando ormai cominciava a farsi strada dentro di me l'idea di lasciare la
Marina e quella monotonia, mi arrivò per caso una notizia nuova che mi diede
immediatamente voglia di rimettermi in gioco.
Lessi per caso, in segreteria, che era uscito
un bando per poter partecipare al corso per ISMEF (Istruttori militari di
educazione fisica). Compilai immediatamente la domanda e la portai alla firma
del mio capo servizio, che sbagliando, complici i segretari, la fece partire
diretta per il ministero romano, senza farlo passare dal comando principale.
Fu così che la settimana prima di Pasqua di
quell'anno, arrivò l'elenco ufficiale degli ammessi a corso. Nell'elenco, oltre
ai cinque marescialli incursori, c'ero anch'io, semplice secondo capo.
Diedi la bella notizia a casa e per la verità
festeggiammo l'evento. Finalmente mi ritornò il sorriso dopo mesi di angoscia.
Cominciai a fare progetti, ad informarmi quali fossero gli sviluppi di questa nuova
carriera.
Il venerdì santo, prima di Pasqua, mi chiamarono
a casa dal comando e mi invitarono ad andare subito al Varignano.
Trovai gli altri cinque che avrebbero dovuto
farmi compagnia in quella nuova avventura, Salvatore †, Peppino †, Fulvio,
Luciano ed Augusto. Erano tutti contenti e sorridenti ed uscivano dall'ufficio
del Comandante. Entrai nell'ufficio e il comandante accigliato e con voce ferma mi liquidò con un repentorio:
"tu puoi pure tornartene a casa. E' stato deciso che non farai questo
corso, ma quello da S.O. (Servizio d'Ordine)"
Ma io non avevo nessuna intenzione di
specializzarmi S.O., non mi piaceva, non mi ritenevo adatto per quel ruolo,
seppur importante. E comunque si trattava della mia vita della mia carriera.
Avevo deciso che volevo fare il Ginnico, volevo giocarmi quella carta, insomma
volevo fotemente la mia chance:
"Comandante ma io vorrei fare questo
corso, lo ritengo a me confacente, già
mi è andata male una mia scelta, perché non posso avere una seconda
possibilità di rimettermi in gioco". Lo supplicai.
"Perché così abbiamo deciso e così
sarà!" mi rispose con voce alta, alzandosi di scatto dalla sedia e con i
pugni fissi sulla scrivania che distendevano le braccia tese. "Vai fuori
ora basta, tu fai quello che ho deciso io"!
Non so dove trovai la forza della mia
compostezza e da dove trovai l'aria per rispondere a quella che io ritenevo un'ingiustizia,
un'angheria bella e buona. "Comandante accetterò il suo ordine, ma vorrei
una motivazione per iscritto, altrimenti mi sentirò costretto ad andare da un
avvocato, per far valere quello che ritengo un mio diritto".
Non ricordo se terminai bene la frase, dalla
bocca spalancata del comandante uscì un grugnito al massimo di decibel
"Vai fuori!!! Portatelo via o lo ammazzo!"
Uscii dall'ufficio accompagnato dal segretario, ma non avevo paura, ne mi sentivo arrabbiato
o nervoso. Mi sentivo sereno. Avevo avuto il coraggio di rispondere, seppur nei
modi contenuti, a quella che io consideravo una provocazione.
Il tempo giocava a mio sfavore, il corso
sarebbe dovuto iniziare il martedì seguente ed avevo sentito gli altri che il
ritrovo era il sabato mattina al Varignano per il ritiro dei fogli di viaggio.
Comunicai agli altri che purtroppo io non ci
sarei stato, e raccontai della chiacchierata avuta poc'anzi.
Tornai a casa e raccontai tutto a Rita. Ero
deciso a lasciare la Marina Militare. Le dissi, che il martedì gli altri
sarebbero partiti per Roma ed io alla ricerca di un avvocato, deciso ormai a
denunciare l'accaduto ed a caricarmi di tutte le conseguenze.
Il martedì non arrivava mai e non ricordo di
aver dormito sogni tranquilli.
Ma anche quel giorno arrivò, ed io, in abiti
borghesi arrivai nel piazzale del Varignano.
Mi venne incontro Salvatore che mi prese per
un braccio e mi portò via da lì.
“Andiamo via, ho il tuo foglio di viaggio, lo
ha firmato” mi disse sottovoce.
Volevo saltare, urlare, ridere a squarciagola,
non feci nulla e mi feci assecondare dai buoi consigli di Salvatore.
Partimmo con due auto per Roma. Io ero nella
giulietta di Peppino, l’altro era Fulvio. L’auto dei tabagisti. Nella fiat uno
di Salvatore c’erano Augusto e Luciano, l’auto dei non fumatori.
A Marisport Roma ci accolse il capo ufficio
che ci fece accomodare nella segreteria.
“Voi siete gli Incursori del Varignano, vero?
Chi è Ricciardi?” “Ti vuol parlare il Comandante.
Non capivo, o meglio non volevo capire. Mi chiedevo il motivo per quell’inopportuno
interesse verso di me.
Andai nell’ufficio del Comandante di Marisport e mi
presentai militarmente.
Mi chiese quali fossero i motivi che mi
spingevano a frequentare il corso. Gli spiegai per filo e per segno tutto
quello che mi era successo, senza omettere nulla.
Mi scrutò silenzioso, dopo avermi ascoltato in
religioso silenzio. Si alzò dalla sua sedia e stringendomi la mano mi disse: “
A qualcuno non piace questa tua scelta, ma vedo nei tuoi occhi sinceri la
voglia di far bene ed io ti darò l’opportunità di provarci, domani inizierai il
corso insieme a tutti gli altri, devi solo far bene in modo che io possa avere
ragione. Non mi deludere”
Grazie al Comandante di Marisport, che ha creduto in
me, ed alla mia determinazione e motivazioni, ho fatto l’Istruttore di Educazione fisica Militare
per i restanti trenta anni della mia carriera militare.
Ora lo posso
raccontare.
Novembre 1986
Nello RICCIARDI
Nessun commento:
Posta un commento